Il Lazio; oltre 300 chilometri lineari di coste tra terraferma e isole. 378 comuni, quasi 6 milioni di abitanti e con diversi milioni di persone che si mobilitano ogni estate nei vari flussi gonfiando le presenze di alberghi, ristoranti e altre strutture ricettive.
Ovvio quindi che l’estate sia il momento caldo non solo dal punto di vista climatico ma anche lavorativo per chi opera nel settore turismo e ristorazione. E quando il lavoro aumenta di pari passo aumenta anche la necessità di mano d’opera per portarlo a termine. La domanda si concentra soprattutto sulla prima linea che deve far fronte alla massa umana di turisti provenienti da tutta Italia e da mezzo mondo per le vacanze.
Con queste prospettive, secondo i dati forniti alla stampa dall’InfoJobs, azienda tra le più grandi del settore lavoro interinale, sulle professioni estive risulta che il Lazio è tra le prime in classifica per nuove posizioni aperte nel settore turismo e ristorazione durante il periodo estivo. Infatti da maggio a giugno la richiesta di figure professionali quali addetti di cucina, camerieri, assistenti e altro è aumentata del 79,9%. Quello che soprattutto si cerca sono camerieri e baristi che, secondo i dati di InfoJobs nel 90% dei casi viene ricercato con poca esperienza, giovane, con buone capacità relazionali, conoscenza di lingua inglese o tedesco, capacità di lavoro in gruppo. Per essere cuochi, invece, viene sempre richiesto un consolidato background di studi ed è preferibile tentare con un pochino di esperienza alle spalle. Nel 54% dei casi in cui vengono richiese figure di cuochi si chiedono almeno 2 anni di esperienza.
Esiste qualche difficoltà per le imprese a riempire, con questa ampia offerta lavorativa, gli organici delle proprie aziende nei periodi estivi ma ogni “boom” di richiesta, specialmente laddove si registra una difficoltà nel soddisfarla c’è il rovescio della medaglia. Segnale che qualcosa, in questo boom lavorativo, non è proprio tutto rosa e fiori lo si trova nelle tempistiche. Le ricerche di personale iniziano spesso – come appare anche ovvio – a ridosso della stagione estiva. Sui social molte aziende si lamentano di avere difficoltà a reperire personale, la polemica tipica è “si parla di crisi occupazionale ma non riusciamo a trovare ragazzi con voglia di lavorare”.
Ma spesso i ragazzi rispondono che si cercano persone con esperienza – sempre preferiti a quelli di primo impiego che se ne dica – che però lavorino con paghe da apprendisti, orari emergenziali e nessuna garanzia per il futuro. Anzi, visto che le offerte salgono quasi dell’80% da maggio a giugno viene proprio da pensare che il lavoro stagionale sia visto dai più come un modo per ottenere mano d’opera sottopagata e sotto tutelata di cui disfarsi appena passa l’ondata turistica. E’ così in tutto il mondo, si dirà.
Spesso si sente parlare del famoso “lavoretto estivo” con il quale uno si paga parte degli studi ma in altri paesi il lavoro stagionale viene pagato di più e non di meno di quelli che hanno il cosiddetto posto fisso. Fare il cameriere all’estero spesso diventa redditizio anche solo per le mance ma anche i modelli contrattuali proposti dalle leggi, evidentemente non aiutano le aziende a lasciare qualche soldino in tasca di più ai lavoratori senza per questo incidere sulla borsa delle tassazioni aziendali in maniera distruttiva, escludendo dal conto il lavoro nero che sicuramente è una componente importante nell’equazione.
Chi abbia ragione tra imprese e lavoratori è difficile a dirsi ma tra le aziende che cercano di incassare qualcosa senza farsi massacrare dalle tasse e dall’incredibile costo del lavoro e i lavoratori che malvolentieri si prestano a doversi piegare al lavoretto estivo estenuante, pagato poco e male e che termina spessissimo con la bella stagione sembra che il colpevole si trovi tra gli stessi numeri forniti da InfoJobs. Il costo del lavoro eccessivo che da sempre strozza il mercato, anche quando potrebbe trainare l’economia. A rimetterci, alla fine della fiera, sono tutti. Ma non si vedono importanti proposte di riforma all’orizzonte, anzi, la tendenza sembra quella di voler appesantire i contratti leggeri (si veda l’esempio dei fattorini che lavorano con le app online nate negli ultimi anni) e non alleggerirli.