“Io non ho paura del lupo”: dai falsi miti alle strategie operative

Canis Lupus (foto di Marcello De Meo)

(Canis lupus, foto di Marcello De Meo)

Il 19 giugno si è tenuto a Itri un incontro dal titolo “Attenti al Lupo: prevenzione e stima dei danni da fauna selvatica”, organizzato dalla Coldiretti Latina. Sono stati invitati a intervenire l’ente Parco Aurunci, il presidente dell’ATC/LT2, l’ARSIAl, la Direzione ambiente della Regione Lazio, l’AUSL e i sindaci del territorio. A margine dell’appuntamento, un intervento congiunto firmato da delegato Legambiente nell’assemblea dell’ATC-LT2, Paola Marcoccia, dal delegato di Italia Nostra nell’assemblea dell’ATC-LT2, Marcello Rosario Caliman, dal delegato provinciale Lipu, Gastone Gaiba, e dalla presidente del Wwf Litorale Laziale, Franca Maragoni.


“I parchi e gli spazi naturali coinvolgono soggetti e portatori d’interesse diversi e appartengono anche a chi apprezza che siano luoghi ricchi di biodiversità. Le discussioni presuppongono più voci a confronto e, invece, in questa provincia si preferisce privilegiare l’ascolto esclusivamente di alcune categorie quali cacciatori e allevatori, ignorando le altre voci della società civile e i pareri degli esperti, degli scienziati e del mondo ambientalista e animalista. I lupi non attaccano l’uomo e non sono stati paracadutati ma hanno unicamente riconquistato habitat disponibile. Spesso gli allevamenti sono vittime di attacchi di cani randagi inselvatichiti, non di lupi. Il vero obiettivo dovrebbe essere quello di lottare contro il randagismo. I lupi non sono in ‘sovrannumero’, anzi. In ogni caso basterebbe dotarsi di strumenti di protezione, come recinzioni elettrificate o cani da guardiania. Occorre quindi mettere a disposizione più risorse per la prevenzione. Con la sua posizione al vertice della catena alimentare, aiuta a mantenere l’equilibrio naturale, cacciando i cinghiali.

Per contenere i danni prodotti all’agricoltura dal cinghiale, una delle specie più impattanti e in espansione, bisogna indagare sulle cause dell’attuale situazione. Non esiste più il cinghiale autoctono: quelli che troviamo in circolazione sono per lo più ibridi con specie provenienti dall’Europa dell’est che provengono da immissioni, autorizzate o clandestine effettuate in Italia negli ultimi decenni da enti che hanno assecondato le richieste delle associazioni venatorie.

Che sia lupo, volpe o altri predatori, gli abbattimenti non sono né accettabili (ci sono diverse sentenze al riguardo) né efficaci per ridurre gli eventuali danni da predazione, che invece vanno affrontati e risolti, sviluppando efficaci soluzioni di prevenzione e difesa studiate per ogni azienda. I Parchi devono garantire una gestione pienamente rispettosa degli equilibri naturali. E’ necessaria una nuova sinergia tra il mondo ambientalista, agricolo e venatorio, poiché la conoscenza approfondita delle diverse posizioni consente una collaborazione virtuosa, fatta di confronto e iniziative comuni”.