Caos 118: i professionisti dell’emergenza volontari “per forza”, proteste sotto la Regione Lazio

Soccorritori sull’orlo di una crisi di nervi. Nuova mattinata di proteste sotto la Regione Lazio, dove oggi sono tornati a far sentire con veemenza la propria voce decine e decine di operatori del 118, che già avevano manifestato nei giorni scorsi: il loro lavoro è pesantemente a rischio. Colpa di una delibera a orologeria che ha aperto la strada a un deciso cambio di rotta rispetto al recente passato, un documento che impone il ritorno dei professionisti dell’emergenza al volontariato. D’un colpo, nuvole nere sul futuro di 250 persone. E sullo stesso comparto sanitario.

La delibera in questione, primo atto della Giunta Zingaretti bis riguardo la Sanità del Lazio, era a quanto pare già pronta prima delle scorse elezioni, venendo però messa nero su bianco, guarda un po’, subito dopo le urne. A qualche giorno dalla formalizzazione, ecco l’Ares 118 indire un bando di gara con scadenza ad inizio maggio per il soccorso in area extraospedaliera, rivolto esclusivamente alle associazioni, alle istituzioni di volontariato e agli organismi affini inclusi nell’ultimo elenco approvato con delibera 343/Dg del 2014.


Mosse che hanno portato il malcontento agli addetti ai lavori ai limiti: “Una decisione scellerata che mette a repentaglio il lavoro dei 250 operatori del 118 passati dalla precarietà del volontariato al lavoro stabile, regolarmente retribuito con soldi pubblici”, dicono. “Anche in questo caso le associazioni verranno retribuite, ma non i volontari. Ovvero gli attuali lavoratori, costretti a diventare volontari per avere un lavoro pagato in nero. Così, dopo la vergogna delle ambulanze ‘spot’ pagate a suon di milioni, dopo la programmazione di un bando europeo evidentemente sottodimensionato rispetto alle reali esigenze del territorio, la dottoressa Corradi (Maria Paola, Dg dell’Ares 118, ndr) effettua tagli alla spesa senza tenere conto dei danni che questi arrecheranno a cittadini e lavoratori”.

Quella approntata, sostengono i dimostranti, non è altro che una “manovra post elettorale camuffata da risparmio della spesa pubblica. Zingaretti e la sua Giunta devono rendere conto delle direttive politiche impartite all’Ares per imprimere un presunto risparmio del 30% sui costi di gestione di un servizio essenziale per i cittadini della Regione Lazio, che lo pagano profumatamente, e per i lavoratori che attendono risposte da più di un anno”.

Un disappunto riversato daccapo in piazza oggi, con un presidio ai piedi della Pisana per tornare a chiedere al Governatore e all’assessore alla Sanità di bloccare per tempo il bando dell’Ares: “Altrimenti, si cancellerebbero 250 posti di lavoro nell’emergenza”. E, oltretutto, nel “totale silenzio della politica e delle istituzioni che la rappresentano”.

Per il momento le decine di operatori interessati dalla questione sono localizzati su Roma, Viterbo e Rieti. Ma, passasse il nuovo corso all’insegna del ritorno al passato, non è escluso che il caso possa allargarsi ulteriormente, arrivando a investire anche gli specialisti dell’emergenza della provincia di Latina. Effetto domino, insomma. Un’eventualità concreta, secondo gli addetti ai lavori, in assenza di dietrofront da parte di Regione e Ares.

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