Le dichiarazioni accusatorie di cinque collaboratori di giustizia, le intercettazioni telefoniche, i precedenti penali e le indagini compiute dalla Guardia di finanza non sono sufficienti per applicare la misura della sorveglianza speciale per cinque anni e della confisca di beni stimati in oltre 49 milioni di euro ai fratelli Ascione. Pericoloso risulta solo Giuliano, ma non lo è più e per lui nessun problema con i beni acquisiti prima del 2002, quando ugualmente non poteva ritenersi pericoloso, e negli anni 2005, 2006 e 2008, quando non vi sarebbe sproporzione tra il patrimonio accumulato e il reddito. Queste in sintesi le motivazioni che hanno portato la Corte d’Appello di Roma, accogliendo un ricorso presentato dagli avvocati Franco Coppi, Luca Giudetti e Mario Griffo, a revocare la misura di prevenzione emessa nel 2016 dal Tribunale di Latina a carico dei fratelli Giuliano, Michele e Luigi Ascione, campani trapiantati a Formia, dove si sono dedicati all’imprenditoria, in particolare con il commercio delle auto, e che sono stati più volte inquadrati dagli inquirenti come soggetti legati al clan camorristico Mallardo, soprattutto per il riciclaggio di denaro sporco. Ai tre i giudici capitolini hanno restituito la piena libertà e, fatta eccezione per alcuni beni di Giuliano, quasi tutto il patrimonio.
I PENTITI
A puntare il dito contro gli Ascione sono stati ben cinque collaboratori di giustizia, tutti ex uomini del potente clan Mallardo. Giuliano Pirozzi ha sostenuto di aver avuto rapporti con Giuliano, con i figli Carmine, Vincenzo e Ciro, con la moglie Filomena Flaviano e con la cognata Pina Flaviano. Il collaboratore di giustizia ha dichiarato che “gli Ascione originariamente si dedicavano solamente ad attività di usura e di truffe all’Iva, svolte con il commercio di autovetture nonché con i falsi sinistri stradali”, operando con la società GP Auto insieme a Crescenzo Esposito, legato al clan Mallardo. Pirozzi ha poi specificato che, alla fine degli anni ’90, Carmine Ascione si era fidanzato con Di Biase Elena, figlia di Di Biase Michele, esponente di spicco del clan Mallardo, e che la successiva rottura del fidanzamento avrebbe portato a degli screzi tra i Mallardo e gli Ascione, tanto che Carmine sarebbe stato vittima di un agguato ad opera di Luigi Monca, genero di Feliciano Mallardo, e che dopo tali vicende gli Ascione si sarebbero trasferiti a Formia, dove si sarebbero legati a Giuseppe Ciccarelli, altro esponente del clan Mallardo e capo zona dell’area di Lago Patria. A Formia, secondo il pentito, gli Ascione sarebbero entrati quindi in affari con i noti pregiudicati Dell’Aquila, dai quali avrebbero avuto anche prestiti di ingenti somme di denaro. Per Salvatore Izzo, “gli Ascione svolgevano il commercio auto e svolgendo tale attività realizzavano insieme al gruppo Dell’Aquila attività di riciclaggio di proventi illeciti”. Dichiarazioni fatte riconoscendo in foto sia Giuliano che Michele e Luigi Ascione. Massimo Amatrudi ha invece affermato che gli Ascione “stanno bene” con i Dell’Aquila. A parlare dei fratelli imprenditori sono poi stati Giovanni Chianese e Gaetano Vassallo, che ha raccontato agli inquirenti confidenze avute da Francesco Mallardo, detto ‘o Marmularo, che gli aveva indicato gli Ascione come uomini vicini al clan. Abbastanza per far ritenere al Tribunale di Latina i tre pericolosi, nonostante l’assoluzione dall’accusa di essere parte dell’associazione mafiosa dei Mallardo ottenuta a Napoli. Ma per la Corte d’Appello di Roma le dichiarazioni dei pentiti “non forniscono concreti elementi idonei a ravvisare la sussistenza degli ipotizzati indizi di appartenenza dei preposti all’associazione di stampo camorristico denominata clan Mallardo e/o in epoca successiva al clan Dell’Aquila”.
LE INDAGINI DELLA FINANZA
Dalle indagini svolte dalla Guardia di finanza di Formia è emerso che, solo tra il 2002 e il 2005, nell’arco dunque di tre anni, sui conti correnti personali e di società riconducibili agli Ascione sono transitati oltre 18 milioni di euro. Alcune compagnie assicurative hanno emesso un totale di 396 assegni, per un importo di oltre mezzo milione di euro a favore degli imprenditori, secondo gli investigatori somme relative alle richieste di risarcimento per falsi incidenti stradali. Pratiche che sarebbero state portate avanti reclutando soggetti compiacenti e attraverso le imprese Autosalone Ascione sas, Autoascione sas e Autovia. Giuliano Ascione, nello stesso periodo, in una banca di Giugliano in Campania ha effettuato 299 prelievi, per 4,8 milioni di euro, e 18 versamenti, per 357mila euro. Per le Fiamme gialle, inoltre, parte del denaro è ipotizzabile che fosse frutto di prestiti usurai, con vittime i proprietari di una tv romana, un tipografo di Formia, i proprietari di un hotel di Ventotene, un fruttivendolo e un sarto di Gaeta. I giudici romani hanno comunque evidenziato che truffa, riciclaggio e usura sono una cosa e la mafia è un’altra. Per loro la pericolosità si può vedere solo in Giuliano Ascione e solo dal 2002 al 2010.
ANCHE UNA CONDANNA PER OMICIDIO MA VECCHIA
La Corte d’Appello di Roma ha poi precisato che non sarebbero emerse dalle indagini attività illecite riconducibili a Michele e Luigi Ascione. I giudici hanno poi aggiunto che Michele ha precedenti per armi e ricettazione e Luigi per armi e per un omicidio volontario nel 1982. Condanne vecchie. Reati “molto risalenti nel tempo e inidonei a fondare un giudizio di attuale pericolosità dei preposti”. Confermata dunque la confisca di alcuni beni di Giuliano, compresa la Autovia srl, ma di tutto il resto è stata ordinata la restituzione e la sorveglianza speciale è stata annullata.