La strage di Piazza Fontana e i neofascisti: l’Anpi ricorda. E mette in guardia

“Il 12 dicembre – scrive l’Anpi Formia – ricorre uno dei giorni più tristi e bui della storia dell’Italia repubblicana, nonché l’inizio di una vicenda storica e giudiziaria dolorosa e significativa. Il pomeriggio di quel giorno del 1969 – tra le 16:30 e le 17:30 – esplosero quattro delle cinque bombe piazzate dal neofascismo veneto tra Roma (due poste all’altare della Patria ed una nei pressi della BNL di Via San Basilio) e Milano (una presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura ed una, inesplosa, presso la Banca Commerciale).

La bomba – esplosa nell’atrio della Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana – uccise 17 persone e ne ferì 88.


Giuseppe Pinelli

Dopo la strage, la prima vittima, innocente e ingiustamente calunniata, è il ferroviere Giuseppe Pinelli, anarchico, morto il 15 dicembre 1969 precipitando dalla finestra della Questura di Milano, ove era trattenuto in stato di fermo oltre il termine massimo consentito per legge.

Nella tragedia sono rilevanti due aspetti: 1) l’attività neofascista, volta ad imporre una nuova dittatura; 2) la collusione di parte di pezzi deviati dello stato, che hanno agito per depistare e coprire i fascisti e rendere inefficace l’azione della magistratura, così da consentire la sostanziale impunità dei responsabili ed il mancato accertamento dei mandanti e responsabili politici.

Le cinque bombe segnarono l’inizio di quel periodo della vita del Paese che va sotto il nome di ‘strategia della tensione‘.

Per gravità e rilevanza politica – continua l’Anpi formiana – la strage divenne il momento più alto di un progetto eversivo preparato con gli altri attentati e diretto – come emerge dalle sentenze – a utilizzare il disordine e la paura per sbocchi di tipo autoritario, in ciò sostenuti – come è scritto nella Relazione della Commissione Stragi – da ‘accordi collusivi con apparati istituzionali‘.

Nei giorni successivi, alla pista anarchica si affiancherà quella ben più consistente dell’eversione nera, riguardante il gruppo padovano della organizzazione di estrema destra ‘Ordine nuovo‘, con il coinvolgimento di esponenti di spicco dei servizi segreti. Uomini dello stato che verranno condannati ‘per aver affermato il falso e taciuto il vero’.

Il procedimento giudiziario è uno dei casi più penosi della giustizia italiana, dopo un conflitto di attribuzione tra Milano e Roma, il processo sarà trasferito a Catanzaro per decisione della corte di Cassazione.

Freda e Ventura

In tal modo i processi svolti tra Catanzaro e Bari condurranno alla assoluzione di Freda Franco e Ventura Giovanni esponenti di Ordine nuovo. I successivi procedimenti giudiziari, sorti a margine del caso di Piazza Fontana porteranno ad affermare dal punto di vista storico la responsabilità di Freda e Ventura, ormai impunti, protetti dal principio giuridico ‘ne bis in idem’, ovvero ‘non si può essere giudicati due volte per la stessa cosa’.

Sono passati quasi cinquant’anni, ma ancora oggi come ieri, siamo costretti ad assistere alle azioni del fascismo veneto, oppure a manifestazioni di tale ideologia nelle forze dell’ordine, chiamate ad essere fedeli all’ordine repubblicano nato dalla Resistenza.

Il valore e l’importanza delle istituzioni e delle forze dell’ordine è fuori discussione, dimostrato quotidianamente dalla loro azione a difesa dei principi costituzionale. Tuttavia, la crisi economica, e i nuovi modi di comunicazione tendono ad alterare la rappresentazione dei fatti, esponendo i giovani all’azione dell’ideologia di morte.

Piazza Fontana sta a lì a ricordare il pericolo che la nostra Repubblica corre per mano dei fascisti, i quali possono contare sul tradimento di uomini infedeli al loro giuramento sulla Costituzione. Ecco perché Piazza Fontana è una ragione in più per non smettere di ricordare che l’applicazione dei principi costituzionali deve essere richiesta ogni giorno ed occorre lottare affinché questi si estendano ogni giorno di più“.