La delocalizzazione degli impianti di acquacoltura per l’allevamento di mitili non si tocca. Non vi sarebbe prova dei danni ambientali paventati da sette titolari di lidi e attività sportive di Vindicio, che hanno fatto ricorso contro i provvedimenti presi tra il 2007 e il 2008 dalla Regione e che hanno portato allo spostamento di quelle aziende. Ma soprattutto non vi sarebbe prova di un interesse dei ricorrenti nella vicenda.
Il ricorso, presentato dalle società Lido Bandiera, l’associazione sportiva centro velico Vindicio, il circolo nautico Vela Viva, la Klaton srl, e gli stabilimenti balneari Lido Frungillo, Lido Risorgimento, e Lido Parisi, appoggiate anche dal Comune di Formia, è stato per tali ragioni dichiarato inammissibile dal Tar. Un contenzioso cestinato senza neppure la necessità di entrare nel merito della vicenda, con vittoria della Regione, dell’Autorità Portuale e delle società Medfish e Illiano Pesca.
La Regione ha sostenuto che “la delocalizzazione in contestazione consiste nel solo spostamento di siti di produzione già esistenti, in attuazione delle disposizioni contenute nel Piano regolatore portuale approvato con deliberazione della Giunta regionale del Lazio n. 123/2006, e non anche nella attribuzione di nuove concessioni o nella regolarizzazione di concessioni irregolari o abusive”. La Pisana ha inoltre sottolineato che “la delocalizzazione è volta anche al miglioramento della qualità delle acque stante lo spostamento dei siti ad una distanza di oltre un chilometro rispetto alle originarie postazioni”.
Senza entrare nel merito, però, i giudici hanno ritenuto che “l’istanza di annullamento dei provvedimenti gravati” non ha mostrato un interesse “giuridico personale, diretto e concreto correlato alla domanda giudiziale” da parte dei ricorrenti, “attesa l’omessa evidenziazione degli specifici effetti lesivi e pregiudizievoli delle loro posizioni giuridiche soggettive, derivanti dall’adozione dei provvedimenti”. E il paventato danno ambientale? “Negli scritti di parte non risulta esser riconducibile né comprovato rispetto alla realizzazione degli interventi di delocalizzazione in contestazione”.