Sciolta ogni riserva: anche secondo il Tribunale del Riesame di Roma “meglio” gli arresti domiciliari che il carcere, per il sindaco (sospeso) di Sperlonga Armando Cusani, tra i principali soggetti coinvolti nell’inchiesta “Tiberio”, che lo vede accusato dei reati di corruzione e turbata libertà degli incanti.

Una decisione, quella dei giudici del Tribunale della Libertà della Capitale, Bruno Azzolini, Roberta Conforti e Imma Imperato, resa nota nella giornata di ieri, dopo che il collegio a margine della discussione di mercoledì si era riservato: parzialmente riformata, l’ordinanza emessa a gennaio dal gip Giuseppe Cario, vedendo la custodia cautelare in carcere sostituita appunto dai domiciliari.
Misura ad ogni modo già ampiamente applicata, quest’ultima. Dopo quattro mesi trascorsi nella casa circondariale di via Aspromonte, Cusani era tornato a casa, tra gli applausi di tanti concittadini, lo scorso 18 maggio. Posto ai domiciliari dal Tribunale di Latina in parziale accoglimento delle istanze avanzate dai difensori, Angelo Palmieri e Luigi Antonio Panella, in concomitanza con la prima udienza del processo scaturito dalla “Tiberio”, inchiesta che ha visto il sindaco del borgo rivierasco e parte degli altri indagati avviati al giudizio immediato.

Al nuovo pronunciamento rispetto la misura meno afflittiva dei domiciliari si è arrivati, in differita, dopo che i legali di Cusani avevano bussato in Cassazione. La prima richiesta di scarcerazione avanzata al Riesame era stata infatti respinta, portando Palmieri e Panella ad impugnare tale decisione davanti la Suprema Corte. Con gli ermellini che ne avevano disposto l’annullamento con contestuale rinvio al Tribunale della Libertà, ad un’altra sezione, da quella pontina a quella romana. Da dove hanno quindi appena riformato l’ordinanza di custodia in carcere, bissando come detto il provvedimento giunto nel frattempo dal Tribunale di Latina.