“Al Nord ci sono i No Tav e qui i No Cav”. L’ha ripetuto spesso il sindaco di Cori, Tommaso Conti, schierandosi contro l’apertura di una nuova cava in località Monte Maiurro. E ora, nonostante in passato il Comune non sia stato immune da scivoloni sulla vicenda, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso dell’ente locale, annullando l’atto regionale con cui era stato dato il via libera all’attività estrattiva.
La società Cave Lepine, dell’imprenditore latinense Marco Picca, aveva presentato nel 2008 alla Regione Lazio la richiesta per l’apertura della cava. Nel 2009 il progetto era stato escluso dalla procedura di valutazione di impatto ambientale ed era stato concesso sempre dagli uffici regionali il nulla osta sul vincolo idrogeologico. Nel 2012 la determina, ora annullata dai giudici amministrativi, con cui la Regione dava parere positivo alla Cave Lepine.
Il Comune di Cori, difeso dall’avvocato Pasquale Lattari, tra i diversi rilievi mossi a quel provvedimento, ha sostenuto che l’atto era viziato, essendo stato varato nonostante il nulla osta idrogeologico fosse scaduto. Era previsto infatti che il nulla osta fosse valido purché i lavori iniziassero entro i tre anni successivi al rilascio dello stesso, cosa che non è avvenuta. Una tesi accolta dal Tar.
Ma l’annullamento del via libera alla cava non è stato dato solo per quello che appare un cavillo. Il Comune aveva infatti contestato anche che a dover autorizzare o meno il sito estrattivo dovesse essere lo stesso ente locale e non la Regione, competente solo quando l’interesse a un’attività del genere è sovra-comunale; interesse che non vi sarebbe sul progetto della Cave Lepine. Altro argomento che ha convinto i giudici, che sembrano così aver cassato definitivamente l’ipotesi di un’altra cava nel paese lepino.
Una vittoria ottenuta dal Comune nonostante lo stesso ente, prima di avviare la battaglia a tutela del territorio, nel 2007 avesse autorizzato la società di Picca a eliminare da Monte Maiurro 360 ulivi per fare spazio al sito estrattivo.