Era stato accusato di aver cercato di dare fuoco alla mamma.
Un giovane di origine albanese, E.G., residente a Itri, il 27 maggio di due anni fa si era reso protagonista di una brutta vicenda: aveva avuto un’accesa lite con la mamma fino ad un aggressione che, secondo una prima ipotesi, configurava un tentato omicidio, in quando avrebbe cercato di bruciarla usando la benzina.
I carabinieri erano accorsi, chiamati dai vicini di casa dei due allarmati dalle urla della donna. E gli uomini dell’Arma al loro arrivo avevano trovato la donna in strada con abiti cosparsi di benzina e così anche i capelli. Prestate le cure necessarie alla donna gli investigatori avevano perquisito l’abitazione che era stata teatro dello scontro e avevano trovato in cucina una bottiglia di benzina da un litro semivuota e un recipiente da 5 litri, contenente sempre benzina, nella camera da letto.
In quella circostanza la magistratura aveva ritenuto di sottoporre il ragazzo alla misura cautelare in una casa di cura di Ceccano, dalla quale però in seguito era riuscito a scappare.
Stamattina nell’udienza celebrata davanti al giudice monocratico di Cassino, Tania Tavolieri, il legale della difesa, l’avvocato Gianluca De Meo, ha chiesto di giudicare il suo assistito, il giovane albanese, con rito abbreviato.
La difesa nella sua arringa conclusiva ha fornito un quadro della situazione familiare del suo assistito. Una famiglia conflittuale nella quale già in altre occasioni si erano verificate liti, ma stavolta il giovane aveva perso la ragione e in preda alla rabbia aveva preso la bottiglia senza pensare a quale fosse il suo contenuto e l’aveva lanciata contro la mamma bagnandola di benzina. L’avvocato ha sottolineato la mancanza di volontà dal parte del ragazzo di dare fuoco alla mamma e infatti, anche a seguito di perquisizione, gli inquirenti non avevano trovato né nell’abitazione né addosso all’indagato un accendino o altro con cui avesse potuto appiccare il fuoco.
Il giudice convintosi della fondatezza della tesi difensiva, all’esito della camera di consiglio, ha pronunciato sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”.