
“Sono stato licenziato, ho trascorso otto mesi tra carcere, domiciliari e obbligo di firma, e ho rischiato anche la vita. Un incubo. Ora è finita, ma è stato un incubo”. Queste le prime parole di Raffaele Iavazzi, 34 anni, di Napoli, appena uscito dall’aula in cui il Tribunale di Latina lo ha assolto, perché “il fatto non sussiste”, dall’accusa di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa per l’omicidio del boss Gaetano Marino, esponente degli “Scissionisti” di Scampia, freddato il 23 agosto 2012 sul lungomare di Terracina, dove era in vacanza.
L’Antimafia di Roma inizialmente aveva sospettato che Marino, detto “’O moncherino”, fosse stato attirato in trappola fuori dallo stabilimento balneare “Sirenella” con una telefonata da parte dell’imputato, un suo amico, di professione “fuochino” in una ditta del capoluogo partenopeo. E con l’accusa di favoreggiamento Iavazzi era stato arrestato, tradito da una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali. Poi gli inquirenti si sono invece convinti che il 34ennne avesse mentito agli investigatori nel timore di essere ucciso, favorendo comunque il clan camorristico responsabile del delitto.
Favoreggiamento dunque “con l’aggravante di aver commesso il fatto con il fine di avvantaggiare le organizzazioni in conflitto armato: da una parte il gruppo Abete-Notturo- Abbinante dall’altra il gruppo Vinella-Grassi- Marino-Leonardi, tutti appartenenti agli Scissionisti”. Al termine della sua requisitoria il pubblico ministero Maria Cristina Palaia ha così chiesto per Iavazzi una condanna a due anni e due mesi di reclusione. Ma a smontare il castello accusatorio, battendo sull’assoluta estraneità dell’imputato ai fatti a lui contestati, per due ore è stato poi il difensore, l’avvocato Fabrizio Gallo, del foro di Roma. E per il “fuochino” è arrivata l’assoluzione.

“Ero a Terracina in vacanza con la mia famiglia – ha assicurato prima di allontanarsi dal tribunale Iavazzi – e mi sono messo a parlare con Gaetano Marino, che conoscevo. Lui amava i fuochi artificiali e mi aveva detto che gli serviva di organizzare uno spettacolo. Quando ho sentito i colpi – conclude – io ero già in spiaggia. C’erano ben quattro testimoni oculari che potevano invece essere ascoltati e questo l’ho detto subito alla Polizia”.
Sui responsabili dell’omicidio del boss intanto le indagini proseguono.