
Recentemente avviato al giudizio immediato, è stato appena ammesso al processo con rito abbreviato Antonio Fragione, il 34enne reo confesso del brutale omicidio del prozio Vincenzo Zuena, il 79enne d’origine sperlongana ucciso nella sua abitazione di Fondi il 14 marzo con circa 30 coltellate. Una decisione giunta al termine dell’udienza tenutasi ieri mattina davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Nicola Iansiti, in accoglimento della richiesta avanzata dal legale dell’imputato, l’avvocato Arcangelo Peppe. Il processo si terrà quindi allo stato degli atti, con la sentenza attesa per la prossima udienza, fissata per il 16 gennaio.

Un passaggio della strategia difensiva che, per mezzo del ricorso al giudizio abbreviato, in caso di condanna porterà Fragione ad uno sconto di pena pari a un terzo. E, quindi, a evitare verosimilmente lo spauracchio rappresentato dall’ergastolo. Finora tutt’altro che teorico, soprattutto in considerazione delle aggravanti che pendono sul capo del 34enne. Ben quattro, dai futili motivi alla particolare crudeltà, passando per la premeditazione e l’anziana età della vittima. I cui congiunti più stretti, la moglie Alessandrina Trani e i figli, assistiti dall’avvocato Virginio Palazzo, ieri si sono costituiti parte civile. In aula era presente anche Fragione, in alcuni frangenti scoppiato in lacrime.

Teatro del delitto di quel parente che lo aveva visto crescere, l’appartamento fondano della famiglia Zuena, al civico 207 di via Madonna delle Grazie. Sparito dalla circolazione da giorni, tanto che la famiglia ne aveva denunciato la scomparsa ai carabinieri, Fragione, muratore con problemi di tossicodipendenza residente tra Itri e Fondi, era partito da Napoli in treno, rimanendo poi bloccato a Formia per uno sciopero, ma proseguendo comunque il suo tragitto verso la Piana in taxi. Aveva fatto attendere l’autista in strada, era andato in un bar reperendo con una scusa un lungo coltello, di seguito aveva citofonato al 79enne prozio, al quale doveva anche dei soldi, 450 euro. Da lì, nell’arco di pochi minuti, un vero e proprio massacro. Sangue seguito dalla fuga, con l’arma del delitto ancora addosso, sullo stesso taxi che lo aveva accompagnato sul posto. Una morte a domicilio. Con la vittima, in quei momenti sola in casa, che a margine è stata derubata di monili in oro e circa mille euro in contanti.

Soldi andati in fumo quasi subito. In parte per pagare l’ignaro tassista, in parte per acquistare droga a Napoli, dove Fragione aveva tentato di rifugiarsi. Venendo infine arrestato dalla polizia il 18 marzo presso la stazione centrale partenopea, per confessare a stretto giro. Un omicidio pluriaggravato che la difesa dell’imputato ormai prossimo al giudizio, in cura prima al Sert di Terracina e ora in carico a quello di Napoli, punta a mettere in relazione all’abuso di droghe: l’avvocato Peppe è intenzionato a puntare su una capacità di intendere e di volere del 34enne presumibilmente offuscata, al momento del delitto, dall’effetto di sostanze stupefacenti.
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