Dopo dieci anni di battaglie in aula e giunti al secondo grado di giudizio, tutti assolti per l’incendio doloso al negozio fondano “Biba”, che all’epoca portò anche alla morte di uno dei presunti autori, un 20enne campano.
Lo ha deciso mercoledì pomeriggio la seconda sezione penale della Corte di Appello di Roma, pronunciatasi in merito alle posizioni di Ernesto Olia, imprenditore napoletano residente a Fondi, del nipote Luigi Olia, di Napoli, e di Maria Antonietta Bianchi, fondana. Ovvero coloro che vennero rispettivamente ritenuti il mandante ed organizzatore del rogo, uno degli esecutori materiali e la formale beneficiaria dell’assicurazione sull’attività bruciata. Attività finita al centro in un caso di cronaca nera che fece scalpore, per quella che all’inizio venne inquadrata come una tentata truffa da oltre 400mila euro complessivi finita male.
I fatti nel luglio del 2006 nel centro storico cittadino, nel bel mezzo di corso Appio Claudio. Nella notte del 14 una fragorosa esplosione con annesso incendio creò il panico e distrusse completamente l’attività, che commerciava in abbigliamento, travolgendo in pieno due giovani che si trovavano a pochi passi dalle vetrine. Si trattava di Luigi Olia e di Gennaro Del Medico, anche lui napoletano, feriti ma comunque riusciti ad allontanarsi e a trovare riparo in un’abitazione a non molta distanza, in largo Varrone, soccorsi da due impiegate dell’attività e, solo in un secondo momento, dal personale del 118. Proprio i ragazzi, dissero le indagini, ad essere verosimilmente incaricati di appiccare il fuoco spargendo sul pavimento di “Biba” – ai tempi, in un gioco di società e fitti, sulla carta “Sport Time” – della benzina, salvo ritrovarsi per caso o imprudenza alla stregua di due torce umane. Soprattutto Del Medico, 20 anni, che da lì a poco, il 6 agosto, morì in un letto dell’ospedale “Sant’Eugenio” di Roma per via di gravi ustioni riportate su circa il 90% del corpo, quasi tutte di terzo grado.

In primo grado per questa vicenda finirono alla sbarra cinque persone, accusate a vario titolo e in concorso tra loro di incendio doloso con pericolo per l’incolumità pubblica, detenzione di materie esplodenti, simulazione di reato e danneggiamenti volti alla tentata frode assicurativa, oltre che, per quanto riguardava il solo Ernesto Olia, di “morte come conseguenza di altro delitto”. Le posizioni dell’allora compagna del presunto mandante del rogo, la fondana Filomena Russo, e di una nipote dell’uomo, Valentina Olia, entrambe difese dall’avvocato Massimo Basile, vennero messe da parte per assoluzione. Andarono invece incontro alla condanna Ernesto Olia, al quale nel 2010 il Tribunale di Latina inflisse 6 anni di reclusione, il nipote Luigi Olia, contestualmente punito con 3 anni, e la Bianchi, allo stesso modo condannata a 3 anni.
Tre imputati che ieri, in concomitanza con la sentenza d’Appello, hanno visto la luce in fondo al tunnel. Tutti assolti, come anticipato. Il 52enne Ernesto Olia per non aver commesso i fatti contestati, il 35enne Luigi Olia, difeso come lo zio da Basile, per sopraggiunta prescrizione, sebbene abbia sempre negato di essere andato con la vittima dell’incendio ad appiccare le fiamme dolose risultate fatali. Pienamente assolta per non aver commesso i fatti anche la 30enne Bianchi, assistita dall’avvocato Gaetano Marino.