I colpevoli furono assicurati alla giustizia nel giro di poche settimane.
Legati a filo doppio tra di loro, qualcuno durante gli interrogatori blaterò di un disegno messo in atto per rendere giustizia a Dio. Uno dei due portavoce del diabolico manipolo – così fu definito – tale Angelo Della Clementia – azzardò la teoria che avessero agito di quelle maniera, perché costretti dalle voci nella testa. Tentativo inutile di farsi assegnare almeno la semi infermità.
Durante il processo che li vide tutti assieme per l’ultima volta, mentre non facevano che scrutarsi con lo sguardo – l’aula traboccante di genti d’ogni risma – l’imputato Della Clementia apparve come in trance. Ogni tanto salmodiava sottovoce passi della bibbia del suo resistere a ogni costo. E scoppiava in risate fragorose. Di giubilo e letizia.
«Hey someone / If your chains are heavy for you / Hey someone / Let it rain / While I Show you the way / This could be your lucky day / It’s a matter of mind / You know you can be free forever / So the next time someone / Points a gun at you say / Shoot Shoot / I don’t care / Shoot Shoot / Shoot Shoot / Anywhere / Shoot Shoot»
Lo stesso Della Clementia prese a cantarla a squarciagola appena dopo la lettura della sentenza da parte del pubblico ministero. Gli ergastoli complessivi risultarono in numero di gran lunga superiore, rispetto a quelli dei delitti commessi. La giustizia italiana s’era premurata d’affibbiare ai manigoldi una punizione esemplare, che fungesse da monito a quanti avrebbero potuto prendere le loro diaboliche gesta come blasfemi esempi, capaci di mandare alla deriva le regole di quella rispettabile società.

Gli occhi fuori delle orbite, le mani giunte nella costrizione delle manette, l’imputato fece sfoggio d’un vasto repertorio di brani della star dell’Heavy Metal Ronnie James Dio – da poco scomparsa – esibendo qualità canore nient’affatto trascurabili.
I giornalisti – pur se incuriositi a morte – ebbero paura d’avvicinarsi troppo al soggetto in questione, timorosi forse di poter essere morsi e contagiati da quello che a occhi non abituati, poteva apparire come un virus in grado di fare a pezzi la ragione.

Prima che le porte dell’aula si chiudessero alle sue spalle e che insieme al suo degno compare – il Condorvisio – fosse scortato verso il pulmino che li avrebbe condotti a marcire in galera, entrambi fecero in tempo a notare un dolce particolare. Un ragazzo poco più che ventenne. Con indosso una maglietta dei Rainbow. Il gesto delle corna in su, con la mano destra. E uno dei sorrisi più complici che potessero augurarsi.
Di soli due mesi più tardi la notizia della morte in diretta contemporanea di Tiziano Ferro, Irene Grandi, Elisa e Renato Zero.
[FINE]
stesura terminata il 17 giugno 2010