La storia è quella ben nota di Antigone, la figlia di Edipo, la ribelle che agisce contro la volontà del nuovo re di Tebe, Creonte. Eteocle e Polinice si sono dati la morte l’un l’altro nel combattere per il trono di Tebe e Antigone, sorella dei due, sapendo che il re Creonte vuole dare onoranze funebri solo al corpo di Eteocle, lasciando insepolto quello di Polinice, afferma fin da subito che cercherà di dare comunque sepoltura a Polinice, sfidando l’ordine del re.
La figura di Antigone ancora oggi non smette di sollevare le eterne questioni del conflitto tra Oikos e Stato, tra donne e uomini e tra giovani e vecchi. La messa in scena di Matutateatro, che si nutre del classico sofocleo, della versione novecentesca di Anouilh e di quella cinematografica della Cavani, si apre ai linguaggi della contemporaneità innestando nella trama riflessioni sui tempi attuali, amplificando così il valore politico dell’opera.
Come si legge nelle note di regia: «Il valore politico è indubbiamente la sua caratteristica più precipua, una caratteristica che nei secoli ha conservato alto l’interesse sulla tragedia di Sofocle. Ecco perché abbiamo deciso proprio con questo lavoro di mettere le mani, seppur attraverso il filtro di un classico, sui tempi che viviamo. Questo studio è il nostro personale atto d’accusa nei confronti della società contemporanea e di una classe politica che uccide i propri figli, così come fa Creonte».