“Amm’arrivà fin o’ bass Lazio”. E’ il boss del clan di camorra – egemone nel territorio di origine, tra le vele di Scampia – a parlare e dettare la strategia operativa del sodalizio criminale direttamente dal carcere – dove è stato trasferito dopo la cattura – al figlio. Non è l’intercettazione tra le sbarre, del camorrista di turno, ma una delle scene cardine tra le svolte narrative della prima serie della fiction divenuta giù un cult internazionale: “Gomorra”.
Già, il Basso Lazio, così profondamente parte della contemporaneità criminale delle organizzazioni malavitose che fanno affari in tutto il mondo, da diventarne non più solo un luogo contiguo ai territori di origine del fenomeno, ma vicino umanamente, perché oramai privo di confini geografici per poterle far sentire “straniere”, privo di confini culturali. Dopotutto quando la camorra non c’è arrivata per fare affari – ne ha fatti e ne continua a fare tanti – sceglie il sudpontino come residenza obbligatoria o di vacanza. Sarà forse per questo motivo che Gomorra la sentiamo così vicina, qui, nel Basso Lazio, ne respiriamo le atmosfere, ne capiamo il linguaggio dei contenuti, delle azioni, delle scene, degli atteggiamenti. Ci sentiamo in un ambiente familiare, a vederne assetati di passione, le puntate che ci hanno atteso settimanalmente. Quei personaggi vivono di vita propria, non sono interpretazioni, come quando in largo Paone a Formia, l’estate passata, in molti hanno fermato e chiesto un autografo, o un selfie, a Marco Palvetti. Nessuno sapeva si chiamasse così, forse, perché per tutti era Don Salvatore Conte.

Allo stesso modo, dopo una durissima scena della fiction in cui viene barbaramente uccisa una bambina, figlia di uno dei personaggi di spicco della fiction (Ciro di Marzio), per ritorsione, all’attore che ha interpretato l’assassino piovono addosso offese e critiche furibonde l’indomani mattina della messa in onda della puntata. Quasi come se quel linguaggio narrativo – usato così fedelmente per la fiction – fosse altrettanto ben riconosciuto dai protagonisti spettatori che lo vivono nella vita vera, tanto da fare confusione tra la finzione e la realtà appunto. Insomma, perché questo enorme successo popolare? Perché una tale immedesimazione? E’ chiaro che chi ha scritto e girato la fiction – e i dialoghi meglio ancora – conosce bene la materia, le inchieste e la geografia criminale, in particolare del sudpontino, del Golfo di Gaeta, insomma, d’O Bass Lazio.
A PAGINA 2 ‘LA GOMORRA FORMIANA’
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