Un suicidio è un fatto drammaticamente intimo, personale. Spesso difficile anche da raccontare per quanto poco aggiunge alla cronaca del gesto estremo. Eppure capita in alcuni casi che le circostanze lo facciano sentire familiare ad una intera comunità, così da farlo diventare di interesse “pubblico”. Come potrebbe essere il caso della 52enne Giovanna Galasso, morta suicida ieri a Formia nel bagno della sua abitazione in via Matteotti, dopo essersi impiccata con un foulard. Perchè Giovanna ha deciso di suicidarsi? Disperata, spaventata dal futuro, ma anche mortificata dal fatto che, indigente, il Progetto Insieme della Regione Lazio, nel quale era inserita come avente diritto, non sarebbe stato pienamente rispettato come previsto.
A dare conferma di questa commistione tra pubblico e privato, di una dimensione personale che diventa sentimento collettivo è il post di una utente di un social network – una collega – che racconta appunto della circostanza per la quale la povera Giovanna facesse parte insieme ad altre 12 persone di un progetto di sostegno al lavoro, denominato Progetto Insieme, cofinanziato dalla Regione Lazio e dal Comune di Formia tramite i servizi sociali. Un progetto a termine, di sei mesi, in procinto di scadere ad Aprile. I primi due Giovanna li ha passati con la cooperativa Herasmus, con la quale ha collaborato in favore dei ragazzi disabili – e della cui attività era felicissima -, poi però è stata spostata al Comune per i restanti 4 mesi (mai conclusi), dove pare fosse meno contenta di stare. E forse proprio la disperazione e lo stato di indigenza in cui si trovava a sopravvivere l’hanno spinta a una tale decisione. Con lei, vivevano i due figli, di cui uno invalido al 100 percento. Insomma una situazione drammatica, difficile da gestire, e con la prospettiva di un futuro complicato. Ma non ha smesso di pensare agli altri Giovanna, e nel bigliettino di addio lasciato prima di abbandonare la vita, ha ringraziato quanti l’hanno sostenuta e aiutata nei momenti di difficoltà. Ci sarebbe inoltre anche un diario, restituito alla famiglia, dove la donna avrebbe lasciato alcune memorie circa il disagio che l’avrebbe condotta al suicidio. Anche se sul contenuto delle pagine del diario vige per ora massimo riserbo.

Ecco il testo del post di una collega poche ore dopo la triste notizia del decesso di Giovanna: “A casa penso. Penso che eravamo 12 e oggi alle ore 13 siamo diventate 11. Il perché, forse, lo si sa. Facevamo parte di un progetto sociale indetto dalla regione Lazio, con la partecipazione del Comune. Oggi è morta, suicidata, una di noi. Una mamma, collega, amica. Noi tutte siamo state scelte in base al nostro status sociale (e vi garantisco che eravamo e siamo tutte nella più totale merda) Adesso a 1 mese dalla conclusione del progetto noi tutte ci facciamo la stessa domanda. È poi? È dopo cosa facciamo? Abbiamo figli, fitti ,bollette,e per ultimo noi mangiamo perché noi mangiamo perché anche questo è diventato un vizio. In passato avevamo chiesto aiuto ai vari enti sociali e la risposta è stata ” ma voi lavorate”. Noi lavoriamo x un progetto di 50 ore mensili x un contributo netto di 375,00 euro. Ci è stato rifiutato anche la sociale card , x questo contributo. Si può campare in questa maniera? Credo proprio di no. Sono arrabbiata, sono incazzata nera, xche’ ci hanno abbandonati, ad ogni caso è singolare e poi sono arrabbiata con lei, perché se ne andata nella maniera più assurda senza far sapere niente a nessuno (potevamo aiutarci tutti a vicenda ) e invece no. Ci vuole coraggio anche ad ammazzarsi. Sappiate che questa morte la porterete sulla vostra coscenza ( sempre se c’è l’avete). Alla mia amica-collega dico “tu da lassù aiutaci ad andare avanti e proteggi i tuoi figli. CIAO GIOVANNA”.
Nel pomeriggio di oggi, martedì, con questo stato d’animo le colleghe di Giovanna hanno chiesto un incontro all’assessore ai Servizi Sociali D’Angiò presso l’ex archivio storico di via Lavanga a Formia. Un incontro per capire e forse gridare quella disperazione di cui Giovanna era vittima. Quali motivazioni hanno spinto ad un gesto così intimo ma che nello stesso tempo riguarda una intera comunità?