Corte dei Conti sull’Hotel abusivo di Cusani: “Danno erariale da 600mila euro”

Il caso Sperlonga, e più nello specifico quello del cosiddetto hotel Cusani, al centro della relazione del procuratore regionale della Corte dei Conti, Angelo Raffaele De Dominicis, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. “La tematica sviluppata, assai brillantemente, nell’infrascritto atto di citazione per danno ambientale e per violazione delle disposizioni urbanistiche – ha specificato il magistrato – costituisce problema significativo ed, altresì, emblematico del modus operandi su aree costiere di grande pregio, come quelle del Comune di Sperlonga, a ridosso del Parco Nazionale del Circeo.

L’intervento della Magistratura Contabile sulla delicatissima materia urbanistica e ambientale rappresenta un deterrente non secondario anche per il carattere monitorio del giudizio di responsabilità amministrativa. Questa Procura regionale ha svolto una serie di accertamenti, delegati in via istruttoria al Corpo Forestale dello Stato Comando Provinciale di Latina-Nucleo Investigativo Polizia Ambientale e Forestale, aventi ad oggetto l’eventuale danno erariale arrecato al Comune di Sperlonga, a seguito della riqualificazione urbanistica (ristrutturazione) di una preesistente struttura alberghiera denominata “Hotel Grotte di Tiberio”, di proprietà della “Chinappi Aldo Erasmo e Cusani Armando snc”, riqualificazione che veniva autorizzata dall’Ufficio Tecnico del comune di Sperlonga.


Sono emerse le seguenti circostanze: il complesso turistico/ricettivo oggetto della presente indagine ricade in un’area inclusa nel territorio del Comune Sperlonga ed è ubicato precisamente all’altezza del km 15.700 della S.S. Flacca, meglio individuata all’Agenzia del Territorio al foglio di mappa n°12 particella 238 sub.5 e n.167/c n°124, di proprietà privata. Secondo quanto disposto dal P.R.G. del Comune di Sperlonga, approvato con Deliberazione di Giunta Regionale n°9848 del 20.12.1994 pubblicata sul B.U.R. n°7 del 10.03.1995, l’area in questione è classificata in “Zona E sottozona E2 Agricola di Salvaguardia Ambientale” ed è normata dall’art. 39 delle correlate Norme Tecniche di Attuazione del PRG; l’area interessata, inoltre, è soggetta a vincolo paesaggistico di cui alla Legge n°1497/39, vincolo imposto con appositi Decreti Ministeriali 12/05/1956 e 18/10/1967, che hanno dichiarato la zona de qua di notevole interesse paesaggistico; infine, la medesima è gravata anche da vincolo idrogeologico secondo quanto disposto da R.D.L. 3267/23 e R.D. 1126/26.

Il progetto di ristrutturazione edilizia relativo all’edificio preesistente (un ristorante–bar) inerisce alla realizzazione di una struttura alberghiera della superficie complessiva di oltre mq. 1600 circa, pari a mc. 5.000, nonché delle correlate aree a parcheggi – per mq. 480,00 circa e viabilità carrabile e pedonale (per mq. 900 circa). E’ anche emerso che il progetto di ristrutturazione edilizia veniva assentito sulla base della Concessione Edilizia a Sanatoria n°5 del 26.06.1992 la quale, permetteva la sanatoria di mq. 1085,83, ma con esclusivo riferimento alla struttura adibita a Ristorante/Bar. In realtà, con il successivo rilascio dei permessi a costruire nn° 83/2004 e 52/2005 (variante in corso d’opera), si è consentito di realizzare una struttura alberghiera e non ristorativa, di qualità e consistenza tale da configurare una nuova opera con finalità produttiva di tipo turistico/ricettivo, integralmente diversa dalla struttura originaria e contrastante con le prescrizioni dettate dalla legislazione statale e regionale e dagli strumenti urbanistici generali vigenti.

Sulle medesime vicende veniva iscritto il proc. penale n°4781/05 presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Latina, all’esito del quale, il Tribunale, con sentenza n. 845/12 emessa in data 2.07.2012 e depositata il 1° ottobre 2012, ha condannato i soci dell’azienda richiedente, la beneficiaria dell’illegittimo permesso e il responsabile del settore urbanistica ed edilizia del comune di Sperlonga, per abuso d’ufficio (323 c.p.) e diversi reati di natura edilizia – art. 44 lett. c) del dPR n. 380/2001, in relazione all’art. 181 d.l.vo n. 42/2004 (interventi edilizi in zone sottoposte a vincolo, in particolare paesaggistico) – riconoscendo inoltre l’illiceità del titolo edificatorio rilasciato in variante. Come rilevabile dal relativo sito internet, l’Hotel Grotta di Tiberio “è incastonato nel verde della tipica macchia mediterranea a due passi dal mare e posto vicino ad uno dei plessi archeologici più interessanti del panorama nazionale: la Grotta di Tiberio, ovvero gli antichi resti della villa dell’imperatore romano con il relativo Museo Archeologico nazionale. Quattro stelle aperto di recente, gode di una splendida vista panoramica è dotato di piscina con idromassaggio, ampio giardino, solarium e parcheggio. E’ situato a 800 metri dal centro abitato ed a 250 metri dal mare.”

Le indagini svolte dal Corpo forestale dello Stato-Comando Provinciale di Latina (vedi rel. del 12.9.2014 e nota del 28.10.2014, e relativi allegati), su delega di questa Procura regionale, hanno consentito di accertare che, nel trasformare il precedente immobile adibito a ristorante-bar e discoteca nell’importante struttura alberghiera, di categoria quattro stelle, appena descritta, sono stati commessi diversi illeciti edilizi, senza che l’amministrazione comunale abbia provveduto a sanzionarli. Le principali norme di riferimento erano costituite, all’epoca dei fatti, quanto agli aspetti urbanistico-edilizi, dal DPR 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), dalla legge regionale Lazio n. 38 del 22 dicembre 1999 (e s.m.i.), dal P.R.G. approvato con decreto del Presidente della regione Lazio n. 9848 del 20.12.1994 e relative norme tecniche di attuazione; quanto agli aspetti di tutela paesistico-ambientale, dalla legge n. 1497 del 1939 e la legge 8 agosto 1985 n. 431 (oggi d.l.vo n. 42 del 2004), la legge regionale 6 luglio 1998 n. 24, le disposizioni del Piano Territoriale Paesistico (PTP). Inoltre, con l’entrata in vigore della Legge Regionale n. 38 del 22.12.1999, sono stati introdotti parametri più restrittivi e vincolanti rispetto alla normativa precedente per ciò che concerne l’edificazione in zona agricola (in cui è collocato il manufatto). In particolare, le disposizioni prevedono l’edificazione in zona agricola soltanto se necessaria alla conduzione del fondo e all’esercizio delle attività agricole e di quelle ad esse connesse.

Ai sensi della Legge Regionale sopracitata, i fabbricati da edificare in zona agricola “…non possono comunque superare il rapporto di 0.01 metro quadro per metro quadro, fino ad un massimo di 300 metri quadri per ciascun lotto inteso come superficie continua appartenente alla stessa intera proprietà dell’azienda agricola….”. Proprio l’inserimento dell’immobile in una zona destinata alla conservazione ed al ripristino delle attività agricole, all’interno della quale sono vietate, dalle norme da ultimo citate, tutte le trasformazioni del suolo aventi finalità diverse da quelle legate alla produzione agricola ed all’allevamento animale, imponeva il rispetto rigoroso dei limiti imposti ad eventuali immobili esistenti (Cons. Stato sez. V, n. 5117/2002), ponendo l’intervento edilizio, anche sotto questo profilo, al di fuori della legge. Appare palese la macroscopica violazione dei vincoli di inedificabilità vigenti. Poiché non è stato possibile rilasciare alcun permesso in sanatoria, ai sensi dell’ex art. 36 D.P.R. 380/2001, nella fattispecie avrebbe dovuto invece trovare applicazione l’art. 34 del dPR 380/2001 (“Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”), non tanto nella parte in cui prevede la demolizione a cura del responsabile dell’abuso o, in caso di inerzia di quest’ultimo, a cura del comune territorialmente competente, quanto in quella in cui viene stabilito che, in ragione dell’impossibilità materiale di procedere alla demolizione “senza pregiudizio della parte eseguita in conformità” …omissis… “il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla Legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell’agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.

Pertanto, il danno causato dai responsabili pro tempore dell’UTC di Sperlonga, è stato determinato della mancata riscossione delle somme a titolo di oneri concessori e sanzioni, ed è quantificabile, in conformità all’art. 34, comma 2, del D.P.R. 380/2001, ex art. 12 della Legge 47/85, nella misura pari al doppio del valore venale delle superfici abusive, che in base ai riferimenti forniti dall’Agenzia del territorio e dall’Osservatorio del mercato immobiliare, utilizzati dal Corpo forestale dello Stato ai fini dei predetti calcoli – che in questa sede si condividono – relativi al danno alle pubbliche finanze, porta ad una determinazione del nocumento patrimoniale complessivo in euro 598.120”.