Una storia di sperpero di denaro pubblico lunga ben 28 anni e conclusasi con il risarcimento al Comune di Sonnino di pochi spiccioli da parte dei responsabili del danno erariale. Questa è stata la storia del materiale fatto stampare dall’ente locale. Una vicenda che, dopo la condanna inflitta nel 2014 dalla Corte dei Conti a cinque pubblici amministratori, ha visto ora gli stessi giudici contabili dichiarare, nel giudizio d’appello, estinto il giudizio per i cinque, che hanno potuto beneficiare della cosiddetta definizione agevolata, una sorta di patteggiamento con cui, pagando non più del 30% della somma a cui si è stati condannati, consente di chiudere la partita.
Nel 1988 la giunta comunale decise di far realizzare alla Orion Edizioni 2.500 copie della Carta dei Servizi e 25 mila copie di una brochure promozionale del piccolo Comune. Un incarico da circa venti milioni di vecchie lire. Per cui l’esecutivo diede infine il via libera per il pagamento. Emerse però ben presto che un funzionario comunale aveva espresso parere negativo a quei lavori, disposti senza gara e senza fare neppure una ricerca di mercato. Spuntò fuori soprattutto il particolare che, a differenza di quanto attestato nelle delibere, la ditta aveva consegnato al Comune solo parte delle copie della Carta dei servizi, senza mai presentare le brochure.
La Procura contabile aprì un’inchiesta e, il 28 marzo 2002, mandò a giudizio Roberto Migliori, sindaco all’epoca dei fatti, l’ex vicesindaco Gino Cesare Gasbarrone, e gli assessori che avevano firmato le delibere, Franco Di Micco, Luciano Rufo e Maria Grazia Manzi, chiedendo loro di risarcire 10.329 euro. Il processo, essendo in corso la causa poi instaurata tra il Comune e la Orizon, venne sospeso e ripreso una volta definito il contenzioso.
Per i giudici di primo grado la giunta, se non operò con dolo, operò con “gravissima negligenza e superficialità, dimostrando di non sapere (o volere) assicurare ai propri amministrati i risultati di una sana e corretta gestione amministrativa”. La Corte dei Conti del Lazio condannò così Migliori e Gasbarrone a risarcire 2.600 euro a testa, Di Micco e Rufo a risarcire 1.200 euro a testa, e Manzi a risarcire 400 euro, oltre alle spese legali e agli interessi.
I cinque hanno però fatto appello e chiesto la definizione agevolata. Migliori se l’è dunque cavata pagando 780 euro, lo stesso ha fatto Gasbarrone, mentre Manzi ha dovuto pagare solo 120 euro e Di Micco e Rufo 360 euro a testa. Tutti hanno poi dovuto pagare 179 euro di spese di giudizio, a cui al termine dell’appello si sono aggiunti altri 112 euro. Spiccioli in pratica. E giudizio estinto.