Operazione “Capitale”, la mente del gruppo era a Itri

AGGIORNAMENTO – Ha toccato anche le terre pontine l’operazione “Capitale”, eseguita giovedì mattina in dalle Fiamme gialle del nucleo di polizia tributaria di Perugia contro una presunta organizzazione con base a Roma e responsabile di una maxi-frode all’Iva da 15 milioni di euro.

Tre le otto persone colpite a vario titolo da altrettante ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e alla bancarotta fraudolenta, infatti, figura un 44enne imprenditore napoletano da tempo residente ad Itri, posto ai domiciliari ed indicato dagli inquirenti come il terminale del gruppo. Come il soggetto materialmente deputato, attraverso la sua azienda, all’immissione sul mercato nazionale di un fiume di prodotti informatici ed elettronici acquistati dal gruppo in Paesi dell’Unione Europea – principalmente Germania, ma anche Austria, Olanda, Belgio e Romania – evadendo in maniera sistematica le imposte. Così da rivendere hard disk, microchip ed altra componentistica per computer a prezzi concorrenziali, con una media del 16% in meno rispetto al prezzo di acquisto dai fornitori intercomunitari. Ultima tappa di tutto ciò che veniva acquistato gabbando il fisco, era appunto la rivendita all’ingrosso dell’imprenditore arrestato a Itri, situata nel Comune napoletano di Sant’Anastasia.


Un giro d’affari quantificato in 50 milioni di euro solo nel biennio 2012-2014, quello finito nell’inchiesta. Nata da alcuni accertamenti dell’Agenzia delle Dogane di Perugia su un’azienda del posto che, aperta nel 2010 per commercializzare ausili medici per disabili e anziani, nel 2012 risultava aver effettuato acquisti dalla Germania per oltre 4,4 milioni di euro di materiale informatico. “Senza presentare i prescritti modelli Intrastat, né le dichiarazioni di fini dell’Iva e delle imposte dirette”, hanno spiegato le Fiamme gialle perugine, entrate in scena poco dopo insieme alla Procura locale. Venendo man mano a capo di un giro pantagruelico, che dalla Toscana si estendeva a Roma ed oltre.

Proprio alla periferia capitolina, quella che gli investigatori hanno inquadrato come “base operativa occulta” del gruppo, “in cui venivano smistate le ordinazioni e gestito l’intero traffico”. Che poteva contare su ruoli e competenze ben delineate. Una rete assortita: “Ben tredici associati di cui un capo/finanziatore con diversi precedenti penali, due suoi fidati collaboratori, un commercialista di Lecco, un contabile e sette prestanome che gestivano due società cartiere, su cui far ricadere ogni debito tributario, cinque società filtro”. Ultimo della catena della frode, come anticipato, il grossista napoletano trapiantato nel sud pontino, indicato quale “connivente”. A margine dell’operazione, sono stati sequestrati beni patrimoniali per 15 milioni di euro, pari al valore dell’Iva evasa.