Don’t touch, ecco perché il Riesame ha annullato l’arresto di Altomare

Natan Altomare (a sinistra) in conferenza stampa affiancato dall'avvocato Pasquale Cardillo Cupo

A distanza di un mese dall’ordinanza con cui hanno scarcerato Natan Altomare, manager della sanità coinvolto nell’inchiesta Don’t touch e accusato di aver costituito un’associazione per delinquere, dedita ai furti nelle ville, oltre che di estorsione ai danni della “Progetto Amico”, società occupata nella riabilitazione per disabili, i giudici del Tribunale della libertà di Roma hanno spiegato perché hanno annullato l’ordinanza cautelare con cui il “colletto bianco” era stato messo in carcere. Per loro contro l’uomo che sarebbe stato, secondo gli inquirenti, anello di congiunzione tra malavita e politica, non vi sarebbero stati neppure gli indizi.

Secondo il Riesame gli elementi che avevano portato all’arresto del manager non sono “in grado di fornire la prova, seppure a livello indiziario, della partecipazione di Natan Altomare all’associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di furti”.


“Il gip – specificano – considera Altomare quale promotore e organizzatore di detta associazione, con il compito di indicare agli accoliti gli obiettivi da colpire. Le emergenze investigative non consentono di ritenere provato detto ruolo; le intercettazioni richiamate sono elementi troppo labili per supportare l’accusa”. E ancora: “Non può dirsi supportato dalla necessaria gravità indiziaria il reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei furti. Difettano gli elementi costituitivi del delitto associativo”.

Oltre che per la vicenda dell’associazione a delinquere, Altomare, difeso dall’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, era poi finito in carcere con l’accusa di estorsione ai danni di Fabio Menna della “Progetto Amico”. Ma per il Riesame l’indagato non “pronuncia espressioni minacciose nei confronti di Menna” e mai lo stesso “riceve minacce da Tuma e Di Silvio”. Secondo i giudici, “gli elementi investigativi raccolti non sono tali allo stato da giustificare il compendio indiziario grave nei confronti di Altomare”. E “gli elementi favorevoli addotti dalla difesa inducono a un giudizio cauto nei confronti degli indagati Natan Altomare e Caldararu Ionel (giardiniere di Altomare ndr) in relazione ai delitti rispettivamente ascritti. Alla luce delle deduzioni e delle produzioni difensive, gli elementi investigativi devono necessariamente essere oggetto di approfondimento, al fine di verificare la fondatezza dell’accusa. la lacunosità su alcuni aspetti della vicenda e la estrema genericità dei dati investigativi non consente di ritenere provata, sotto il profilo indiziario, l’accusa”.

L’inchiesta “Don’t touch” ha invece tenuto sul fronte della malavita di Latina. Per i giudici era effettivamente stata costituita un’associazione per delinquere  impegnata in estorsioni, usura, intestazioni fittizie di beni, pestaggi e con ampia disponibilità di armi. Un’organizzazione con al vertice Costantino Cha Cha Di Silvio e a cui avevano preso parte Gianluca Tuma, Angelo Travali con il ruolo di capo zona, Salvatore Travali, Francesco Viola e Angelo Morelli, oltre che Riccardo Pasini e il poliziotto Carlo Ninnolino.