Sgominato un cartello di narcotraffico dalla Colombia a Roma e Latina

AGGIORNAMENTO ore 22.28 – Tutto è iniziato indagando su una presunta associazione per delinquere, impegnata a fornire servizi a soggetti privi dei requisiti di solvibilità e affidabilità, che intendevano ottenere prestiti o aprire conti correnti. Monitorando alcune utenze telefoniche i carabinieri si sono infatti ben presto insospettiti, ipotizzando di trovarsi davanti non a truffe, o almeno non solo, ma a un articolato traffico di droga, fatto di continui viaggi tra il Sud America e l’Italia, con tanto di insospettabili corrieri e contatti diretti con i cartelli sudamericani, finalizzato a rifornire di cocaina le province di Roma e Latina. E’ nata così l’operazione denominata “Narcos”, culminata con l’esecuzione di cinque misure di custodia cautelare, chieste dal sostituto procuratore Giuseppe Miliano e disposte dal gip del Tribunale di Latina, Guido Marcelli.

Per gli inquirenti, a organizzare il traffico di “neve” sarebbero stati Marco Toppi, 47enne di Cisterna di Latina, Marco Bruni, 46enne di Genzano di Roma, e Maurizio Lausi, 38enne di Ardea, messi ora in carcere, insieme a Paolo Racanicchi, 52enne romano, fratello adottivo di Bruni, e alla moglie del 52enne, Ketty Riccio, 40enne originaria di Velletri, per i quali il gip ha ugualmente disposto la misura della custodia cautelare in carcere ma che, nell’ambito proprio di uno dei viaggi in Sud America, sono stati arrestati e sono ora detenuti nel carcere di Santa Marta Magdalena, in Colombia. Come corrieri il gruppo avrebbe impiegato anche Marco Mingardi e Pierluigi Cianfriglia, di Anzio, arrestati il 26 maggio scorso a Barcellona, e Massimo De Meo e Valentina Sibilio, di Sezze, arrestati il 29 maggio scorso in Colombia, a Bogotà. E proprio per Cianfriglia il giudice ha ora disposto la misura del carcere, concedendo invece i domiciliari a Sibilia.


I primi dubbi agli investigatori sono venuti ascoltando delle conversazioni tra Toppi e Bruni, in cui il primo parlava di “cambiali” non “buone”, confermati dalle telefonate sempre tra Toppi e Racanicchi. I carabinieri hanno intuito che per “cambiali” si intendeva cocaina. Al gruppo era infatti spuntato fuori un problema: coprendo la “neve” con una sostanza cremosa, per depistare i controlli dei cani antidroga, la sostanza stupefacente si era impregnata di un cattivo odore e non era più vendibile. Le altre indagini e il monitoraggio dei viaggi in America del Sud compiuti dagli indagati ha fatto il resto.