Dalle prime ore di questa mattina, gli investigatori del Centro Operativo D.I.A. di Roma stanno procedendo nelle province di Latina, Frosinone, Napoli, Isernia e Caserta al sequestro preventivo, disposto dal Tribunale Penale di Latina, di un ingente patrimonio riconducibile all’imprenditore formiano Vincenzo Zangrillo, proprietario di cave di marmo e di società operanti nel trasporto merci su strada, nello smaltimento rifiuti e nel commercio di autovetture e autoveicoli.
I beni sottoposti a sequestro riguardano oltre 200 camion, 2 cave di marmo, società, terreni e immobili per un valore di oltre 20 milioni di euro.
IL PERSONAGGIO – Classe 1959, Vincenzo Zangrillo inizia la sua attività come carrozziere / fabbro a metà anni ’80 per poi vivere, nel corso degli anni, un’improvvisa espansione sia economica che del proprio raggio d’azione fondando un impero economico che gli investigatori ritengono assolutamente sproporzionato rispetto all’attività in essere e ai redditi dichiarati al fisco da cui la ritenuta pericolosità sociale. Una crescita economica che, sin dalle prime battute, si accompagna a denunce e, alle volte, arresti da cui la maggior parte delle volte, però, riesce a uscire senza alcuna condanna.
A partire dai primi anni quando è indagato per punzonature illegali sui telai di alcune motrici fino al ’93 quando è denunciato dalla Polizia Stradale di Latina per riciclaggio e contraffazione e nel ’94, ancora dalla Polizia Stradale, per ricettazione. Nel corso degli anni la sua piccola carrozzeria diventa un vero e proprio impero dell’autotrasporto e crescono le acquisizioni dei camion che portano all’azienda a entrare in giri torbidi e operazioni contro il traffico di stupefacenti con sequestri all’estero di autoarticolati di sua proprietà. Nel 2002, tra l’altro, finisce indagato per associazione a delinquere in un traffico di tabacchi in cui lui avrebbe fornito gli automezzi. Ancora si succedono denunce per truffa sui mancati pedaggi autostradali tra il 2004 e il 2008 fino a un arresto, nel 2009, per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e alla truffa alle compagnie assicurative.
LE AMICIZIE – Una crescita imprenditoriale forte, costante e, stando agli accertamenti della Dia, favorita dai rapporti privilegiati con esponenti del clan dei casalesi in particolare le fazioni Bidognetti e Schiavone di cui, secondo le indagini, assume in azienda dipendenti a esse riconducibili. Ancora più stretti i rapporti con il gruppo di Ettore Mendico, a capo della cellula casalese operante nei primi anni ’90, in particolare nel basso Lazio, in provincia di Latina, con cui intrattiene rapporti commerciali almeno dal ’97 quando cede in locazione autoarticolati alla Mendico Service poi andata fallita.
LE CAVE A CORENO – E proprio nell’ambito di questo rapporto che Zangrillo stringe con Mendico, ma anche lo zio, si accresce l’interesse per le cave di marmo a Coreno Ausonio portando così il formiano a entrare nel mercato del controllo degli inerti. In modo tanto invasivo che nel 2011, a seguito di un controllo della Questura di Frosinone, nato anche dalla denuncia di un imprenditore del posto che lamentava le pressioni e la successiva perdita dell’accesso alla sua proprietà, ben quattro cave tra cui la Aurunci Marmi srl e la Sage.Mar. srl risultano sotto il suo diretto o indiretto controllo (qui link richiesta rettifica avvocato Walter Salvatore per contro di Sagemar).