E’ stata appena pubblicata la Sentenza n. 17977 dell’11.09.15 del Tribunale di Roma, Giudice Nicola Archidiacono che condanna il Ministero della Salute a risarcire 360.000 euro a una giovane donna di Latina di 42 anni.
Fra il 1982 e il 1983, quando aveva solo 9 anni, la donna venne ripetutamente sottoposta a trasfusioni di sangue infetto presso l’Ospedale “Istituti Riuniti Rizzoli” di Bologna. La donna che solo nel 2009, quando aveva 36, aveva scoperto di essere infetta del virus dell’epatite C è caduta in depressione visto che tutti i suoi progetti di vita e sposarsi sono venuti meno. La sua vita è cambiata totalmente con sbalzi di umore riversati in una grave patologia psichica bipolare. I rapporti con gli altri è completamente cambiato: la relazione con quello che doveva diventare suo marito è finita e anche quella con il successivo compagno.
Soprattutto la giovane donna si è chiesta come era possibile che aveva contratto un virus notoriamente attribuito a tossicodipendenti, prostitute, omosessuali visto che aveva sempre condotto una vita esente da rischi di contagio ed era stata sempre monitorata dai medici visto che è affetta da altre patologie invalidanti, necessitanti di continue analisi e controlli sanitari. Non poteva ricordare che molti anni prima, a soli 9 anni, era stata trasfusa né poteva immaginare che proprio chi la doveva curare poteva non aver controllato il sangue che le era stato somministrato.
Per questo quando ha adito le vie legali la donna sembrava non credere alla tesi che i medici anziché curarla l’avevano infettata. Ma così è stato accertato quando il legale ha fatto domanda e ottenuto un primo indennizzo, previsto dalla legge n. 210/1992, a favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni e vaccinazioni. A questo indennizzo di circa 800 euro al mese per tutta la vita ora si aggiungono i 360mila euro riconosciuti dal Tribunale dopo un non facile processo in cui è stato nuovamente riconosciuto il nesso causale fra trasfusioni e contagio epatico e la conseguente patologia epatica.
Il legale della donna sta già verificando se la questione della sfortunata 42enne di Latina può rientrare in una causa collettiva – in cui rientrerebbero alcuni centinai di soggetti, fra cui decine di cittadini di Latina e provincia e danneggiati da trasfusioni di sangue – contro lo Stato Italiano davanti la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per ottenere un ulteriore risarcimento – oltre a quello avuto a titolo di indennizzo legge n. 210/1992 e di danno alla salute – per omessa informazione dei rischi infettivi ai trasfusi nel periodo a rischio anni ’60-’90; per ritardo nella erogazione degli indennizzi legge n. 210/1992 e nel pagamento delle sentenze di condanna del Ministero della Salute; per lite temeraria dello Stato che a spese degli altri cittadini si difende in cause evidentemente fondate; per abuso del diritto all’eccezione di decadenza e prescrizione del diritto all’indennizzo legge n. 210/1992 e al risarcimento dei danni.