Sperlonga, albergo “tagliato in due”: no della Cassazione ai dissequestri

Ricorso inammissibile. Le istanze avanzate dalla società proprietaria, la Truglia srl, sono state rispedite al mittente anche dalla Cassazione, ed i ventuno appartamenti nati dall’albergo “tagliato in due” in via Tiresia, a Sperlonga, continueranno dunque a rimanere sigillati fino a data da destinarsi.

I beni in questione, dal valore stimato in circa 5 milioni d’euro e tra l’altro situati nella parte nuova del paese, quella di recente finita nel blitz da 100 milioni legato all’inchiesta sul Programma integrato “bluff”, erano stati oggetto di un sequestro preventivo effettuato lo scorso 25 ottobre su richiesta del sostituto procuratore Simona Gentile. Un’indagine incentrata sull’ipotesi di reato di lottizzazione abusiva, e che gira tutta intorno a un immobile tirato su grazie a permessi a costruire rilasciati nel 2003 per un’unica struttura turistico-ricettiva. Struttura in effetti nata secondo autorizzazioni, ma successivamente suddivisa in due e per metà trasformata in appartamenti da vendere al miglior offerente. Un cambio di destinazione d’uso illegittimo, secondo gli accertamenti posti in essere dalla Procura, a suo tempo confermati da una perizia tecnica: i lavori per “spezzettare” la parte d’albergo destinata ad ospitare le case, eseguiti tra il 2011 e il 2013 dietro presentazione di due Scia, sarebbero andati a rappresentate una palese, totale difformità rispetto alla concessione edilizia in possesso. Da qui, a chiusura del cerchio, sigilli a pioggia. E la bellezza di ventotto indagati. Tra questi Raffaele Iuliano, amministratore della Truglia srl, la società proprietaria degli immobili, che a novembre si era appellata inutilmente al Tribunale del Riesame di Latina: ricorso respinto in toto. Niet bissato a stretto giro dalla Corte di Cassazione, che dopo aver discusso il nuovo ricorso presentato da Iuliano a maggio – nel quale si sosteneva che i sequestri non avevano motivo d’essere – nei giorni scorsi si è espressa dichiarandolo inammissibile, condannando il ricorrente anche al pagamento di mille euro di spese processuali.