Bardellino, la Magliana, i clan e l’esplosione al Seven Up nel nuovo libro di Salvatore Minieri

L'ingresso della discoteca Seven Up come appariva all'inizio degli anni '80

Nel nuovo libro di Salvatore Minieri, i contatti tra i manager di Bardellino e Nicoletti, cassiere della banda della Magliana. I dubbi sull’esplosione del 3 agosto 1985 alla discoteca formiana del clan. Fu davvero solo un incidente?

I contatti tra il cassiere della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, e Aldo Ferrucci, manager che gestiva gli affari di Antonio Bardellino nel Lazio. Un prestito di cinque miliardi senza garanzie da parte della Banca del Golfo alla holding criminale di San Cipriano D’Aversa per costruire una discoteca, rivelatasi il vero quartiere generale del clan più feroce degli anni ’70 e ’80 in Italia.


Un uomo vicino ai cartelli di Medellìn piazzato a Formia per costruire palazzi e villette a due passi da mare, mentre parlava al telefono con Pablo Escobar. Le buone entrature con l’entourage di Bettino Craxi che prendeva parte alle campagne elettorali di Ernesto Bardellino, il fratello del potentissimo e sanguinario boss Antonio.

Omicidi oscuri e strani buchi di silenzio in trent’anni di narrazione criminale tra i clan casertani e Formia, la “provincia di Casale”, come la definì il pentito Carmine Schiavone. E poi, i misteri sull’esplosione del 3 agosto del 1985, quando del materiale pirico fece saltare in aria il Seven Up, la megadiscoteca dei Bardellino, costruita a Formia senza le autorizzazioni, in un mirabolante giro di società di comodo e prestanome dal prestigio europeo. Fu davvero un incidente?

Nell’esplosione persero la vita due giovani operai del Seven Up, Maurizio Massi e William Gibson e rimasero feriti i ragazzi che quella sera affollavano le piste della più grande discoteca d’Europa, fatta costruire dal clan Bardellino come copertura scintillante agli agghiaccianti traffici che si espandevano nel Basso Lazio.

Lo scoppio nel faraonico complesso per gli spettacoli di Formia si registrò pochi mesi dopo i terribili attentati messi a segno proprio da Antonio Bardellino, a Poggio Vallesana contro i Nuvoletta e a Torre Annunziata per massacrare gli uomini del clan Gionta. Una coincidenza?

L’inquietante presenza della scorsa settimana di Ernesto Bardellino in un Consiglio Comunale a Formia, sembra essere il filo rosso che corre da oltre tre decenni tra la camorra casertana e le stanze che contano nel Lazio “casalese”.

Nel nuovo libro di Salvatore Minieri, edito dalla Spring Edizioni, si prova a far luce sui misteri che ancora avvolgono i luoghi strategici dell’espansione bardelliniana tra Formia e la riviera di Ulisse, senza dimenticare l’importanza logistica dei complessi Solemar, costruito da Ernesto Bardellino e divenuto poi suo fortino inespugnabile dietro una cortina di impenetrabili connivenze, e il Villaggio del Sole tra Santo Janni e Formia, il primo parco residenziale di lusso realizzato direttamente sulla spiaggia tirrenica dove alloggiava la compagna di Antonio Bardellino, dopo la presunta e mai accertata morte del boss sanciprianese.

Le foto che ritraggono i colletti bianchi di Bardellino con gli esponenti della Banda della Magliana, aprono nuovi scenari su una matassa di silenzi e omissioni nel “caso Seven Up” che Salvatore Minieri ha provato a dipanare nel suo ultimo lavoro editoriale, in uscita per il prossimo autunno.