Ancora verbali a raffica, per le guardie ittiche della Fipsas, impegnate nelle nottate di venerdì e sabato nell’ennesima operazione anti-bracconaggio tra i Comuni di Terracina, Pontinia e Sabaudia. Circa quindici, i pescatori di frodo finiti dritti nella rete: campani giunti in zona per le anguille, e romeni dediti alla pesca alla carpa. Le solite presenze, insomma.

A margine dell’ultimo intervento ad ampio raggio, il responsabile provinciale della guardie lancia l’ allarme: “La piaga del bracconaggio, per quanto antica, è un male attualissimo di tutto il panorama delle acque interne provinciali”, ha detto Emiliano Ciotti. “Questo crimine trova forza in due aspetti: l’incapacità di reazione, prevenzione e repressione efficace degli organi preposti (carenze di fondi, mezzi, etc) e la poca sensibilità culturale della massa ad identificare i pericoli di questo reato che sovente sfocia in fenomeni di criminalità comune. Inoltre, bisogna tener conto che il reato di bracconaggio di matrice straniera e campana non si limita solo all’impoverimento della fauna ittica, ma nel caso il pesce venga venduto, e di certo viene fatto, al di fuori dei canali ufficiali di sanità e fisco, crea un danno per i pescatori professionisti che operano principalmente sul lago di Fondi, oltre ad un illecito sui mercati, anche un potenziale rischio sanitario per i consumatori”.
Un bilancio per forza di cose in chiaroscuro, per Ciotti e i suoi uomini. “Solo nel 2014 l’intensificarsi dei controlli delle Guardie ittiche Vigiles Fipsas ha portato a identificare circa 500 pescatori di frodo nei nostri corsi d’acqua, impedendo ai bracconieri di appropriarsi, indebitamente, di molti quintali di pesce, soprattutto di trote, anguille e di pregiate carpe autoctone. Il problema però rimane”, è l’amara constatazione. “A fronte di centinaia di metri di reti, bilance e bilancioni sequestrati (oltre a centinaia e centinaia di canne), le sanzioni comminate sono di qualche centinaio di euro. È evidente che nulla impedisce a chi esercita questa ‘professione’ di continuare a esercitarla per via delle sanzioni non appropriate che, probabilmente, nemmeno pagano”.