Falsi permessi per stranieri, le richieste di condanna dell’Antimafia

Nove richieste di condanna, due di assoluzione, sette di rinvio a giudizio e due ok al patteggiamento. Si è conclusa così la requisitoria del pm Cascini, dell’Antimafia di Roma, nell’udienza preliminare a carico dell’avvocato Alessandro Verrico e degli altri imputati coinvolti nell’inchiesta su una presunta associazione per delinquere messa in piedi a Latina e finalizzata a regolarizzare l’introduzione di stranieri nel territorio italiano tramite falsi permessi di soggiorno.

Il pubblico ministero ha chiesto nove anni di reclusione per il legale, ritenuto dalla Dda al vertice dell’organizzazione, 4 per Elisa Ruggiero, una segretaria, 3 per gli imprenditori Vincenzo Di Girolamo, Vanni Zecchi, Alessandro Fava, Giampaolo Di Magno e per due cittadini di nazionalità indiana. Chiesti poi 2 anni e 10 mesi per Roberto Bonacucina e l’assoluzione per Fabrizio Macchiusi e Singh Satman.


Il pm, passando poi a quanti non hanno chiesto un processo con rito abbreviato, ha chiesto il rinvio a giudizio di un impiegato dello Sportello per l’immigrazione della Prefettura di Latina, Enrico Necchia, del poliziotto Giuseppe Cappelletti, degli imprenditori Domenico Bottoni e Patrizio Feudo e di tre cittadini di nazionalità indiana. Ok infine del pubblico ministero alle richieste di patteggiamento a due anni di reclusione fatte da Giancarlo Favero e Singh Parlok. Nelle prossime udienze, fissate dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Alessandro Arturi, per l’11 e il 18 settembre, parleranno le difese, sostenute, tra gli altri, dagli avvocati Domenico Oropallo, Daniele Giordano, Gaetano Marino, Francesca Roccato e Silvia Siciliano.

Le indagini sono iniziate a febbraio del 2012, dopo una denuncia presentata in questura da un’impiegata del Sui – Sportello unico per l’immigrazione – di Latina, che segnalava la falsità di un nulla osta al lavoro subordinato rilasciato ad un immigrato indiano.

Tra intercettazioni telefoniche e ambientali, gli inquirenti si sono convinti che a operare fosse un’associazione per delinquere, con base operativa proprio nello studio legale dell’avvocato Verrico. Fondamentale poi l’apporto di imprenditori agricoli compiacenti e qualche aiutino nell’ufficio della Prefettura. Agli immigrati il legale avrebbe fornito documenti falsi, consentendogli così l’ingresso in Italia mediante assunzioni fittizie o finti ricongiungimenti familiari, chiedendo in cambio fino a 7.000 euro. Gli stranieri, indiani in particolare, avrebbero versato la prima tranche del denaro a un intermediario locale, nel loro Paese, e la seconda quando ottenevano il nulla osta.

LA CONFERENZA STAMPA DEL 27 MARZO 2013