Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, dall’avvocato Enzo Macari una lettera aperta a Mario Piccolino, ucciso venerdì nella sua abitazione in via della Conca a Formia.

“Caro Mario,
chi mi conosce sa bene quanto io rifugga da telematici strumenti di comunicazione, ma la collera che giunge finanche ad ottenebrarmi la mente per l’assassinio, con modalità vili e prave, che hai subito mi induce alla condivisione, con chiunque voglia leggere la presente, della rabbia che difficilmente potrà assopirsi.
Sono appena ritornato dal corteo di solidarietà e di protesta promosso in tuo ricordo e proprio non riesco ad andare a riposare se prima non esprimo coram populo il sentimento di dolore e di costernazione che mi pervade e mi brucia nell’intimo.
Questa sera a rendere onore a te, al tuo pensiero, al tuo appassionato anèlito di libertà era presente una moltitudine di persone, di ogni ceto, di ogni classe, di ogni schieramento, oltre all’intero Foro, con l’unico intento di gridare forte e chiaro il proprio sgomento e la disperazione per l’ignobile gesto che ha posto fine alla tua vita terrena.
Il Sindaco di Formia, con parole toccanti, ha sottolineato che, anche se assente fisicamente, ancora più netta hai fatto sentire la forza inarrestabile del tuo pensiero.
Ogni volta che il nostro comune Maestro, il compianto Avvocato Gargiulo, parlava di te, riferiva di un uomo sintesi di genio e sregolatezza; il filo conduttore della tua esistenza è sempre stato quello di un agnostico alla costante ricerca di Dio e della fede vera, di una persona che rifugge da schemi convenzionali, pur desideroso della rigorosa applicazione della norma quale regolatrice dei rapporti e delle vicissitudini umane.
Mi perdonerai, ma questa lettera non vuole essere solo una patetica ode al tuo pensiero ed alle tue azioni, talvolta al di fuori delle ipocrite convenzioni, ma sempre permeate da un sano e nobile sentimento di giustizia e brama di verità, che certamente lasceranno un segno indelebile, anche a costo dell’impopolarità.
Principalmente, intendo cogliere l’occasione per rinnovare un grido di allarme, l’ennesimo, rivolto a chi può e deve porre un concreto argine acchè simili ignominiose e barbare azioni non si ripetano.
Mi rivolgo essenzialmente alla classe politica, la stessa che ha assistito pressocchè inerte alla chiusura dell’unico presidio di giustizia presente nel territorio, nella migliore delle ipotesi facendo spallucce, se non volgendo lo sguardo altrove o, addirittura, proditoriamente ventilando bassi interessi di casta da parte dell’Avvocatura mentre il Foro faceva sentire fermo lo sdegno all’intera popolazione per la chiusura del Tribunale di Gaeta, affinchè finalmente prenda atto, in concreto, e non con vuoti proclami o sterili editti destinati a finire nel dimenticatoio, di quanto sia grave la situazione del nostro territorio.
Oggi si è riunito il Comitato Provinciale per l’Ordine Pubblico e la Sicurezza, al quale volgo ovvio e sentito ossequio, al fine di prendere atto, forse per l’ennesima volta, ma speriamo non inutilmente, della gravità della situazione che oramai permea i gangli vitali della nostra comunità, per via del malaffare che all’evidenza dilaga nei nostri territori.
Ricorderai caro Mario che il nostro Maestro amava ripetere che laddove tanto più è lontano il presidio di giustizia, tanto più alligna e prolifera il malaffare.
Orbene, di certo non si può discorrere sull’assunto che lo Stato, a mezzo delle Istituzioni più autorevoli, non sia presente nel nostro territorio, sol che si consideri che, come a tutti noto, abbiamo la presenza, consistente, di più Forze di Polizia, ossia un gruppo della Guardia di Finanza, una compagnia ed una tenenza dei Carabinieri, due commissariati di Polizia, oltre a Guardie Forestali, Provinciali, Locali et ultra, ed allora il problema del proliferare del malaffare, nonostante detta massiva presenza di forze dell’ordine, è da ricercare nella fin troppo evidente mancanza di coordinamento, ossia di quel collante autorevole e rigoroso che solo la Magistratura, presente in modo fattivo e non episodico sul territorio, può assicurare.
E’ giunta l’ora, affinchè il tuo sacrificio non resti vano, che la Politica, quella vera, superi meschine conventicole di quartiere e ritorni ad occuparsi dei problemi, sempre più pressanti ed opprimenti, volti al ripristino di un sano e laborioso tessuto sociale, quale è sempre stata la nostra gente.
Altrimenti, non solo il tuo sacrificio resterà vano, ma non avremo, absit iniuria verbis cosa fare di Comitati per l’Ordine Pubblico, o di aulici consessi vuoti di contenuto.
Al cospetto del crimine violento sarebbe come a dire Dum Romae consulitur Seguntum expugnatur.
I nostri politici più rappresentativi, volendo davvero perseguire il nobile fine del benessere delle collettività rappresentate, si rechino a Roma a rappresentare che proprio non è la medesima cosa chiudere una sede distaccata di Tribunale a Tolmezzo e privare il nostro territorio di un presidio di giustizia, quale avamposto reale, idoneo a fronteggiare le condotte di facinorosi e malintenzionati.
Del resto, sarebbe loro anche agevole rappresentare che non è un caso che, fino alla sciagurata chiusura, nella sezione di Tribunale di Gaeta nel solo periodo di sospensione delle udienze per il periodo feriale si celebravano circa 80 o 90 processi per direttissima, in risposta, ferma e chiara, a chi a torto riteneva di giungere in questi territori e trovare l’Eldorado per commettere furti, dileggiare, e devastare beni di tutti.
Probabilmente, quei politici che hanno ritenuto la protesta del Foro, avverso la chiusura dell’unico presidio di giustizia, quale finalizzata biecamente alla Cicero pro domo mea, oltre a dimostrare, con buona evidenza, di ignorare di cosa si stesse trattando, ora avranno valide ragioni per potersi ricredere e per rendersi parte attiva per la tutela, sempre che non sia già troppo tardi, del nostro territorio.
Vadano, dunque, nelle sedi istituzionali a far sentire forte il grido di disperazione che giunge da ogni parte del nostro territorio, ora soltanto acuito dalla tua morte violenta, e solo così avranno reso un servizio reale e fattivo alla collettività, per la ripresa dei valori aggreganti di libertà e democrazia.
Solo in questo modo, caro Mario, il nostro sentimento di esecrazione si tradurrà in speranza viva di una società dal volto più pulito, grazie anche al tuo sacrificio, e l’omicida potrà avere netta la percezione che quel proiettile ha fermato un corpo, non il pensiero dell’Uomo, il quale, anzi, riecheggerà nelle coscienze della società civile come sasso nello stagno, esortandola a tenere alta la guardia.
Solo in questo modo, quell’infame proiettile ritornerà al mittente con la forza deflagrante di aver soltanto ridestato le coscienze degli uomini e delle Istituzioni, sì da impedire in ogni modo che simili aberrazioni abbiano a ripetersi.
Addio Mario, io e tutti i Colleghi del Foro non ti dimenticheremo mai.
Se puoi, se lo incontri nell’alto dei cieli, saluta caldamente il nostro Maestro”.