A distanza di 16 anni dagli arresti, il processo antidroga denominato “Trinacria” è naufragato davanti al Tribunale di Latina. Dopo varie archiviazioni e proscioglimenti per prescrizione, erano rimasti davanti ai giudici quattro imputati. Ma anche per loro il tanto tempo trascorso dai fatti e la carenza di prove ha fatto scattare assoluzioni e proscioglimenti. L’unica condanna è stata così emessa per la detenzione di una pistola clandestina.
Nel 1999 la Mobile di Latina iniziò a seguire una coppia di Alcamo, ritenuta legata a Cosa Nostra trapanese, che si era trasferita prima ad Anzio e poi a Latina, dove aveva stretto contatti con alcuni pontini. Secondo gli inquirenti i due, insieme ai pontini, avevano avviato un traffico di cocaina, acquistata in Spagna e poi spacciata a Latina.
Al confine tra la Francia e l’Italia venne fermato un’auto con a bordo il barista Silvio Savazzi e l’allora 29enne Massimiliano Ponziani, che stavano trasportando 44 chili di cocaina. Venne fatta una retata e nell’inchiesta finirono 34 indagati. Poi però tutto è rimasto fermo prima negli uffici dell’Antimafia di Roma e poi in terra pontina.
Davanti al Tribunale erano rimasti solo Savazzi, Ponziani, il latinense Francesco Coluzzi e la moglie di Ponziani, Quintilina Micheli. I primi due però sono stati ora prosciolti, essendo già stati giudicati per il carico di droga, Coluzzi, difeso dall’avvocato Sandro Marcheselli, mancando prove a suo carico, è stato assolto e Micheli condannata a tre anni, solo per una pistola a lei sequestrata, a fronte di una richiesta a sei anni di reclusione fatta dal pm Daria Monsurrò.