“Ca – Morra” tra Roma e il Basso Lazio, le condanne

L’associazione c’era ma non agiva con il metodo mafioso. Lo hanno sentenziato i giudici del Tribunale di Frosinone che ieri sera, lunedì, hanno emesso il dispositivo di primo grado che fa seguito all’operazione dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma del febbraio 2009, “CA – MORRA”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia, all’epoca diretta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, pm titolari dell’indagine i sostituti procuratori Francesco Curcio e Giuseppe De Falco della Procura di Roma e Tonino Di Bona della Procura di Frosinone.

*L'arresto di De Angelis nel 2009*
*L’arresto di De Angelis nel 2009*

I DUE GRUPPI – Erano finiti quaranta in manette, tre in carcere e nove ai domiciliari. Per gli investigatori si erano formati due autonomi sodalizi criminali, entrambi gravitanti nel contesto della camorra campana, il clan dei casalesi, il primo operante prevalentemente nel basso Lazio diretto dal 70enne residente a Formia Gennaro De Angelis – avvocato Arturo Bongiovanni -, ritenuto vicino a “Sandokan” Schiavone, condannato a quattro anni e tre mesi, chiesti sei, e il secondo nella Capitale, comandato dal 75enne Antonio Maresca, “O lampetiello”, fratello di Pupetta Maresca, legato alla Banda della Magliana, che i giudici hanno mandato assolto in presenza di una richiesta a quattro anni. Per la Procura i due gruppi erano attivi nella commissione sistematica di numerosi delitti, come estorsioni, truffe, riciclaggio, ricettazione, importazione intracomunitaria di autovetture in regime di evasione d’I.V.A., realizzazione di illeciti profitti attraverso il controllo occulto di attività economiche.


GLI ALTRI – A ricevere le condanne più pesanti i cassinati Massimo e Carmine Morra, dieci anni per il primo, otto per il secondo, ritenuti costola partita dal basso Lazio verso Roma dopo alcuni dissidi avuti con De Angelis. Condannati inoltre a quattro anni, chiesti sei, il sorano Aladino Saidi, all’epoca arrestato all’uscita del Gilda mentre saliva su un’Audi di oltre 100mila euro – avvocati Pierluigi Taglienti e Giovanni Cantelli, un anno e 3 mesi di reclusione a Giorgio Lucci, pena sospesa – avvocato Vincenzo Macari -, Nunzio Sacco, pena sospesa, Giulio Pelegalli, Cristiano Fonzo, Pietro Granata e Francesco Gallozzi. Così anche un anno e tre mesi a Bernardo Quaglieri, pena sospesa. Infine tre anni e sei mesi ad Aquilino Spada e tre anni a Lamberto Santi. Assolti o prescritti i restanti coinvolti. Tra gli altri assolto dall’accusa di associazione a delinquere, perché il fatto non sussiste, Antonio Di Gabriele – avvocato Pasquale Di Gabriele – nei cui confronti l’accusa aveva chiesto quattro anni.

LE TRUFFE “CAROSELLO” – L’indagine nasce nel 2007. Nel mirino erano finite alcune società che importavano auto di lusso da Germania e Belgio. Il metodo scelto era quello della “truffa carosello”: le vetture entravano attraverso società cartiere per le emissioni di fatture false per poi essere vendute negli autosaloni del clan a Formia, Gaeta, Frosinone, Cassino. Dal 2001, quasi 200 milioni di euro di false fatturazioni e 40 milioni di Iva evasa. Oltre, per l’accusa, a introiti di ricettazione ed estorsioni nel basso Lazio. Da qui anche il riciclaggio. A marzo 2013 sono state confiscate venti società, immobili, due ditte individuali, 26 fabbricati, 28 terreni, 19 veicoli tra cui tre Ferrari e 114 conti correnti, depositi e rapporti finanziari.

La sentenza emssa ieri ha inoltre ordinatata la confisca dei beni sequestrati a Carmine e Massimo Morra, Aqulino Spada e Alfonso Lamberti. Dissequestrati e restituiti i beni mobili e immobili sequestrati agli altri imputati. Tra novanta giorni le motivazioni.