
Addio all’ambasciatore della cucina tradizionale fondana. Martedì pomeriggio, a causa di un improvviso arresto cardiaco, se n’è andato un altro pezzo di storia della Fondi “d’oro”, il 76enne Gerardino Manzi. Un’istituzione nel suo campo: era il padrone di “N’dino”, tra i vicoli del centro storico, trattoria da decenni meta di culto per gli amanti della buona tavola di tutt’Italia, e non solo.
“Persona di una cultura profonda, che però, fedele ad un carattere umile, quasi schivo, sfoggiava di rado”, ha ricordato qualcuno dei tanti conoscenti. Ma soprattutto raro custode della cucina tipica della Piana, proprio come il padre Vincenzo, colui che negli anni Cinquanta aveva avviato la fortunata attività di famiglia. Prima una semplice cantina, poi un’osteria divenuta infine rinomato ristorante.
Per una cucina vista e interpretata come vero percorso storico. Con piatti poveri ma preparati con un misto di semplicità e sapienza, fino ad ammaliare i palati più esigenti e raffinati. Danarosi imprenditori, personaggi del mondo del cinema, affermati intellettuali, politici di grido. Nome indicativo, tra lo stuolo di clienti affezionati, quello di Giulio Andreotti. Tutti, ma proprio tutti, pazzi per i gamberetti di lago e le rane “fritte e dorate”, per la pettola e fagioli, per il baccalà coi peperoni secchi. Un racconto di Fondi e della sua storia fatto per antichi sapori e odori, insomma.
Mercoledì pomeriggio, con l’ultimo saluto nella cornice della chiesa di San Pietro, la chiusura di un’epoca. Non di una tradizione: i piatti più ricercati della cucina tipica di Fondi, a mo’ di , continueranno ad essere elaborati e serviti dalla moglie Tina e dai figli Luigi ed Enzo.