L’affitto dei locali per ospitare gli uffici del Giudice di pace di Gaeta si sarebbe tradotto in uno sperpero di denaro pubblico e in un ottimo affare per la società proprietaria dell’immobile. Tutto per aver dimenticato, una volta realizzato il nuovo tribunale a Calegna, di disdire il contratto per un edificio di cui il Comune non aveva più bisogno. A specificarlo sono i giudici della Corte dei Conti del Lazio che, per tale vicenda, hanno condannato l’ing. Emilio Masiello, ex dirigente comunale del settore lavori pubblici, a risarcire all’ente pubblico 40 mila euro.

Il 23 gennaio 2002 la giunta deliberò di affittare un immobile per il Giudice di pace e di dare mandato a Masiello di approvare uno schema di contratto, oltre ad eseguire i lavori per adeguare i locali alle esigenze dell’ufficio giudiziario. Il dirigente predispose un contratto della durata di sei anni con la società immobiliare “Effemobili” e stabilì che, in caso di mancato recesso, il contratto doveva essere considerato tacitamente rinnovato. Nel frattempo, però, venne ultimata la costruzione del nuovo tribunale in località Calegna, quello poi chiuso a seguito della riforma della geografia giudiziaria voluta dall’allora ministro Paola Severino, e dovendo essere spostato lì anche il Giudice di pace gli altri locali non servivano più. Nessuno si prese la briga di disdire il contratto, che scadeva nel 2008, e quando nel 2010, dunque due anni dopo, il nuovo dirigente comunale scrisse alla Effemobili per comunicare il recesso da parte del Comune dalla locazione dei locali, la società fece causa. La Effemobili sostenne che quel recesso era illegittimo e, il 9 gennaio 2012, ottenne ragione dal giudice civile del Tribunale di Gaeta.
La Corte dei Conti ha così citato Masiello a giudizio, chiedendogli di risarcire 245.376 euro, la somma degli affitti di sei anni che il Comune si sarebbe potuto risparmiare di pagare. Per i giudici la condotta del dirigente è stata caratterizzata da “colpa grave”, “pienamente omissiva, venendo meno agli obblighi di istruttoria, verifica, controllo, in spregio dell’Amministrazione e a sostanziale beneficio dei soggetti privati”. Visto che responsabile di tale situazione, per la Corte dei Conti, non sarebbe stato solo Masiello e che, con un accordo, il Comune ha chiuso il contenzioso pagando poco più di 73 mila euro, il dirigente è stato però condannato a risarcire all’amministrazione comunale soltanto 40 mila euro.