
“La camorra opera nel silenzio della città, a Formia questa calma apparente prima o poi potrebbe finire”. E’ l’inquietante scenario disegnato da Cristiano Tatarelli, ex vicequestore di Formia ed ex capo della squadra mobile di Latina, oggi impegnato nella problematica realtà del quartiere simbolo della Gomorra camorristica, Scampia a Napoli. Rivelazioni che confermano l’allarme lanciato già mercoledì da Massimo Noviello, oggi residente a Formia, e figlio dell’imprenditore Domenico Noviello, ammazzato dai Casalesi. perchè si oppose coraggiosamente alla richieste di pizzo della camorra.

Dichiarazioni, quelle alarmanti di Noviello, arrivate a margine dell’ultima udienza presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere relativamente al processo sull’omicidio del padre, durante il quale il killer dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola, e già reo confesso di 46 omicidi, ha affermato di voler collaborare con la giustizia. Ma inquietanti sono le analogie dei due autorevoli protagonisti appartenenti al fronte anti-camorra, uno per aver pagato umanamente con l’uccisione del padre, e l’altro per le battaglie che da tempo conduce contro le organizzazioni criminali come rappresentate dello Stato.
E quest’ultimo, Tatarelli, intervenuto mercoledì nella trasmissione “Città del Golfo” di Lazio tv, al pari di Noviello, si è detto “molto preoccupato dalla scarsa coscienza civica della città di Formia e in generale del sudpontino, dove la Camorra e i clan hanno preso possesso in maniera stanziata del tessuto commerciale per i propri business, su tutti il riciclaggio e gli stupefacenti.

“Fenomeni – prosegue il vicequestore – contro i quali ci sarebbe bisogno anzitutto di strumenti legislativi più efficaci, oggi assenti, come la legge sull’autoriciclaggio, di cui si fa solo propaganda in Parlamento, senza mai diventare realtà, eppoi di una concreta e assidua campagna di sensibilizzazione all’interno delle scuole, nel mondo dell’associazionismo, nelle parrocchie e in tutte quelle realtà che contribuiscono a sviluppare una rapida maturazione civica nel riconoscere la criminalità per nome e cognome e ripudiarla”.

Una realtà ancora lontana a Formia, come aveva affermato lo stesso Noviello. Primo ostacolo a questa crescita collettiva, il silenzio, lo stesso silenzio del quale il crimine si alimenta per fare i propri affari – solo mercoledì l’ultimo sequestro di una palazzina a Formia in un’operazione della Guardia di Finanza che ha bloccato beni per 40 milioni di euro ai Casalesi – e che si diffonde come un virus tra la gente, che convive con esponenti di famiglia di camorra e non si accorge cosa accade sotto i propri occhi.
“Eppure, paradossalmente – precisa Tatarelli -, si tratta di una calma apparente, effimera, che rischia di essere come un tappo che salta quando tutti gli equilibri e gli interessi economici smetteranno di convivere per sfociare nella violenza, come notoriamente accaduto altrove. Tutto questo va prevenuto ed evitato”.
Il vicequestore Tatarelli la realtà formiana e della provincia di Latina la conosce bene, essendo stato autore di numerose indagini che hanno portato a sgominare numerosi business. Come accaduto nel caso della vicenda legata all’edificazione in località Le Fosse, indagine prima archiviata e oggi riaperta dalla Dda di Napoli dopo le rivelazioni del neo pentito dei Casalesi Antonio Iovine.

Sulla vicenda, Tatarelli, che si è guardato bene dall’esprimersi, “perchè c’è un’indagine in corso“, ha comunque ribadito che l’archiviazione degli anni scorsi, che vedeva tra gli altri coinvolti anche l’attuale sindaco di Formia Sandro Bartolomeo, non avvenne per dati di fatto accertati, ma solo per la mancanza di indizi che hanno obbligatoriamente portato all’archiviazione. Situazione oggi mutata, per i nuovi indizi forniti sulle relazioni dei fratelli Mastrominico con i clan, emerse dalle dichiarazioni di Iovine, che andranno tuttavia vagliate nell’attendibilità.