Mai messe a disposizione delle difese, le intercettazioni telefoniche, su cui poggia buona parte del procedimento denominato “Damasco 3”, ieri sono state estromesse dal processo in corso davanti al Tribunale di Latina. E il giudizio prosegue così privo di uno dei sostegni principali appunto al castello accusatorio.
“Damasco 3” è nato dalla maxi inchiesta su Fondi portata avanti dall’Antimafia di Roma. La Dda inviò alcuni atti per competenza a Latina e, ipotizzando diversi reati contro la pubblica amministrazione, il sostituto procuratore Giuseppe Miliano indagò e infine chiese il giudizio per politici, funzionari comunali e imprenditori. Sotto accusa finirono la funzionaria comunale Tommasina Biondino, detta Tina, già assolta in “Damasco 2”, l’ex comandante dei vigili urbani Dario Leone, l’ex vice comandante Pietro Munno, l’ex assessore Riccardo Izzi, l’imprenditore Mario Izzi, l’ex consigliere regionale Romolo Del Balzo, il barbiere Giuseppe Canale e gli imprenditori Luigi Spagnardi e Roberto D’Agostino. Per Riccardo Izzi, ritenuto dalla Dda l’uomo che portò le mafie a Palazzo, il pm Miliano ipotizzò i reati di peculato, abuso d’ufficio, concussione e riciclaggio. Il consigliere regionale Del Balzo venne invece accusato di peculato per l’uso del telefonino. La funzionaria Biondino di peculato, abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Leone e Spagnardi di turbativa d’asta e Munno di abuso d’ufficio. Mario Izzi di riciclaggio e Canale di millantato credito. D’Agostino, infine, di favoreggiamento.
Il giudice per l’udienza preliminare Mara Mattioli ha però prosciolto da ogni accusa Mario Izzi e Roberto D’Agostino, rinviando a giudizio gli altri. Ieri, per le difese, rappresentate tra gli altri dagli avvocati Massimo Signore, Gianni Lauretti, Giulio Mastrobattista e Maria Antonietta Cestra, la svolta con l’esclusione delle intercettazioni, disposta dai giudici Pierfrancesco De Angelis, Fabio Velardi e Luigi Varrecchione. Si torna in aula, per ascoltare alcuni testimoni, il 22 aprile.
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