
Il caso certamente più emblematico del caos giudiziario nel quale vive il sud pontino dopo il provvedimento di riconfigurazione delle sedi distaccate dei tribunali, che ha portato alla chiusura di quella di Gaeta, è rappresentato dall’indagine De Vizia. Un’inchiesta nelle mani della Procura di Latina, sostituto Giuseppe Miliano, che dopo circa tre anni di investigazioni della Guardia di Finanza di Formia, è approdata in una falla del sistema giudiziario prodotta proprio dal provvedimento ministeriale. Perché al momento della richiesta di misure cautelari e/o patrimoniali da parte del Pm, il Gip di Latina ha rimandato la competenza a decidere al collega di Cassino che si è dichiarato a sua volta incompetente. A decidere è stata la Cassazione che ha rimandato tutto a Latina, con l’obbligo di dover far sapere tutto agli indagati che in questo modo sono venuti a sapere, in modo del tutto anomalo rispetto alla prassi, dell’indagine nei loro confronti.
Insomma, sono state svelate le carte. Ma i corti circuito del nuovo sistema possono essere anche più gravi. Incombe infatti anzitutto lo spettro della prescrizione per gli 8mila fascicoli circa arrivati dalla sede del tribunale di Calegna a Gaeta, di cui circa 3mila e 500 penali e il resto civili. Uno spettro che per molti cittadini della Provincia e non solo sarebbe una vera beffa, perché un anno è ormai passato dall’entrata in vigore del provvedimento e un anno in più che avvicina i processi alla prescrizione senza aver fatto una sola udienza. C’è poi da fare i conti con il lavoro delle forze dell’ordine costrette a seguire gli sviluppi di parte degli 8mila procedimenti avendo come riferimento Latina, mentre per le attività ex Novo si fa riferimento a Cassino, depauperando così il senso istituzionale del territorio.

Ma d’altra parte era stato chiaro il senatore Claudio Moscardelli quando in un convulso e piuttosto animato Consiglio intercomunale dei 9 Comuni del sud pontino svoltosi nella ex sede del tribunale di Latina a Gaeta per decidere il da farsi, ebbe a dire: “C’è di fondo un problema di comunicazione tra gli organismi istituzionali, in questo senso va detto che Cassino non è stata salvata dalla politica ma dalla magistratura e con decisioni che vengono prese ad un altro livello, trovando poi udienza nei confronti di chi il provvedimento lo ha confezionato. In realtà va detto che il tribunale di Cassino non ha alcuna ragione per mantenersi in piedi, nè sotto il profilo dei numeri nè sotto quello delle fattispecie di reati. Per questo ritengo vergognoso l’atteggiamento di una parte della magistratura che fa propaganda e moralismo alla politica”.