
Un’incompatibilità che, carte alla mano, lo allontana dall’ambito scranno. A meno di inaspettati colpi di scena, ed a dispetto della nomina ufficializzata nei giorni scorsi a mezzo stampa dalla Regione, il lenolese Lucio De Filippis non potrò sedersi alla poltrona di presidente del Parco dei Monti Aurunci. Tanto che di recente il Comitato provinciale di Latina per la trasparenza e la legalità ha diffidato Regione e Parco alla ratifica della nomina dello stesso.
I motivi? “L’inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale, come meglio precisato dall’art. 7 del decreto legislativo n° 39 dell’8 aprile 2013”, spiegano del Movimento Civico d’opposizione, che per primo ha reso noto lo stop. “A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti di una forma associativa tra Comuni avente una popolazione superiore ai 15mila abitanti (come è il caso della Comunità Montana) non possono essere conferiti gli incarichi amministrativi di vertice della Regione, gli incarichi dirigenziali nell’amministrazione regionale ed affini”.

E De Filippis, fino ad inizio estate consigliere della Comunità Montana, rientra appunto tra le figure incompatibili, almeno per un incarico di vertice come quello di direttore del Parco Aurunci: nemmeno l’escamotage delle dimissioni dall’ente di via del Mare, giunte a metà dello scorso giugno, pare essere servito a nulla.
Uno scivolone tanto dalla Pisana che a livello locale. E su cui dal ‘Movimento Civico’ sono intervenuti con decisione. “Rileviamo una forzatura effettuata a fronte di una precisa legge. Chi sapeva non doveva permettersi di commettere questa ennesima trasgressione della normativa vigente pensando che nessuno se ne sarebbe accorto. La prova che “più di qualcuno sapeva” è avvalorata dalle sopraggiunte dimissioni dell’interessato dal consiglio della comunità montana di Lenola, che in un primo momento pensavamo fossero collegate a ragioni politiche. Pensandoci bene era comunque sembrato un bel gesto quello di rinunciare ad una poltrona. Ne era però pronta un’altra più appetibile. A quanto pare è stato invece un maldestro tentativo di confondere le acque”.
Dal sodalizio di minoranza, non è mancata una chiusura velenosa: “Nell’ambito di una lotta tutta interna al Pd, sorge anche un’altra ipotesi: che qualcuno abbia potuto far credere un proprio interessamento a favore del personaggio nominato. Se l’operazione non riesce, si può sempre dire che ‘è colpa della legge’”.
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