Sequestro di minori a Priverno, i tre rapitori restano in carcere

 carcereUna vicenda ancora piena di ombre quella che si è conclusa con l’arresto di tre cittadini stranieri accusati di aver sequestrato quattro minorenni clandestini a Priverno. Questa mattina, durante gli interrogatori che si sono svolti presso il carcere di via Aspromonte, a Latina, i due fratelli egiziani, Amed e Amidi Amed Elsayed Eldefochi  e il marocchino Yossef Sars, hanno risposto alle domande del giudice del Tribunale di Latina Guido Marcelli, fornendo una loro versione dei fatti, ma molto resta ancora da chiarire.

I due egiziani, difesi dall’avvocato Giammarco Conca, hanno spiegato di aver ospitato i giovani all’interno dell’appartamento di via Mazzini, a Priverno, dopo che uno di loro era andato a prenderli in treno in Sicilia. Avrebbero così, in qualche modo, a loro dire, fatto un’opera buona. Il marocchino, invece, difeso dall’avvocato Adriana Anzeloni, si sarebbe dichiarato completamente estraneo ai fatti. Avrebbe conosciuto da poco i due egiziani, e insieme ad una delle presunte vittime sarebbe solo uscito per andare a comprare un ferro da stiro per portarlo nell’abitazione di via Mazzini.


La ricostruzione non ha però convinto il giudice che ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere.

I tre erano stati arrestati dalla seconda sezione della Squadra Mobile di Latina dopo una segnalazione arrivata dalla Polizia di Milano. Un cittadino egiziano, da tempo integrato sul territorio, aveva infatti denunciato che il fratello sarebbe stato tenuto in ostaggio e che non sarebbe stato liberato neanche dopo aver pagato la somma richiesta di mille euro.  Non è chiaro però se i tre avessero contattato anche i parenti degli altri giovani per ottenere denaro in cambio della loro liberazione. Come i quattro abbiano lasciato Augusta dopo essere arrivati su un barcone. Dove fossero diretti e naturalmente se accanto ai tre arrestati ci siano altri ad agire nello stesso senso. Fatto sta che i ragazzini, tutti di 17 anni, forse non si aspettavano, dopo aver sborsato ben 5mila euro per il viaggio, di dover pagare ancora altro denaro per la loro libertà. Su tutto sono ancora in corso le indagini della Dda.

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