Crollano in appello le accuse contro i Di Silvio, famiglia di origine nomade, da tempo stabilitasi a Latina, accusata di aver dato vita a un’associazione per delinquere volta a monopolizzare il business criminale nel capoluogo pontino. Al termine del processo “Andromeda” di secondo grado, rigettato l’appello fatto dal pm Marco Giancristofaro, è stata cancellata del tutto l’ipotesi che i nomadi avessero costituito una gang e di otto imputati soltanto tre si sono visti confermare le condanne, ma con uno sconto sulla pena e solo per alcuni episodi criminali specifici, relativi alla detenzione di armi e a un tentativo di estorsione e usura ai danni di un giostraio di Latina.
LA SENTENZA
La I sezione della Corte d’Appello di Roma aveva affidato a uno slavo l’incarico di effettuare una perizia sulle intercettazioni ambientali delle conversazioni avute in carcere dagli imputati, materiale su cui si poggia l’intero procedimento. Una decisione presa quando mancava ormai solo l’ultima arringa e poi i giudici dovevano ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza. A trovare l’interprete, dopo che la traduzione delle intercettazioni fatta a Latina era stata contestata, era stata la questura del capoluogo pontino. Il perito non ha però riscontrato nelle conversazioni registrate elementi sufficienti a giustificare l’ipotesi dell’associazione per delinquere e specificato che molti dialoghi erano incomprensibili. A quel punto è stato lo stesso procuratore generale a chiedere l’assoluzione dal reato associativo. Tutti assolti Armando, Giuseppe Pasquale, Samuele e Ferdinando Di Silvio. Confermata l’assoluzione di Carmine Di Silvio e, per gli altri reati, ridotte le pene a Costantino Patatone Di Silvio, Giulia De Rosa e Gianluca Mattiuzzo, condannati ora rispettivamente a 4 anni e 8 mesi di reclusione, 2 anni, e 1 anno, pena sospesa per il terzo. Giuseppe Pasquale Di Silvio è stato inoltre scarcerato.
UN PROCESSO TORMENTATO
A dicembre il procuratore generale aveva chiesto cinque assoluzioni e soltanto tre condanne. Il castello accusatorio, nonostante il ricorso presentato dal pm, aveva ricevuto infatti un ulteriore colpo: in primo grado il Tribunale di Latina aveva ritenuto parte di un’associazione per delinquere solo alcuni imputati, ovvero Armando Di Silvio e i figli, mentre in appello lo stesso procuratore generale, saltata la perizia sulle intercettazioni fatte in carcere, aveva abbandonato definitivamente l’ipotesi che i Di Silvio avessero costituito a Latina una gang per controllare gli affari criminali. Il pg aveva così chiesto condanne solo per episodi di estorsioni, usura e armi. Aveva chiesto l’assoluzione per Giuseppe Pasquale, Armando, Ferdinando e Samuele Di Silvio, tutti difesi dall’avvocato Oreste Palmieri e in primo grado condannati rispettivamente a 6 anni e 8 mesi di reclusione, 3 anni, 3 anni e 1 anno e 10 mesi. Confermata poi la richiesta di assoluzione per Carmine Di Silvio. Chieste invece la conferma della condanna a 6 anni e 9 mesi di reclusione per Costantino Patatone Di Silvio, a 1 anno e 8 mesi per Gianluca Mattiuzzo e la condanna a 2 anni e 8 mesi per Giulia De Rosa, quest’ultima assolta in primo grado. A parlare poi erano stati gli avvocati Oreste Palmieri, Carlo Alberto e Luca Amedeo Melegari, Giuseppe Poscia, Leone Zeppieri e Lorenzo Magnarelli.
GUERRA CRIMINALE
Il processo è fondato in larghissima parte su intercettazioni ambientali, disposte dopo l’esplosione, il 25 gennaio 2010, della cosiddetta guerra criminale tra rom e non rom, iniziata con l’attentato a Carmine Ciarelli e proseguita con le uccisioni di Massimiliano Moro e Fabio Buonamano. La perizia ha però mostrato come le intercettazioni fossero inutili e come soprattutto non contenessero prove della costituzione di un’associazione per delinquere. Un pronunciamento importante, visto che il processo in corso a Latina, denominato Caronte, e relativo questa volta a un’associazione criminale che sarebbe stata costituita dai Di Silvio insieme ai Ciarelli, non è altro che lo sviluppo di Andromeda.
Operazione Andromeda
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