Fondi, la lotta armata di uno “spirito libero”: Marzio Muccitelli, dalla diserzione alle bombe anarchiche

G8A Fondi, non lo ricordano in molti. Ma quelli che lo fanno parlano di Marzio Muccitelli come di una persona “ferma”. Lui, si era definito “uno spirito libero”. Per le forze dell’ordine, è invece un soggetto da attenzionare in quanto esponente di spicco del mondo anarco-insurrezionalista. Ed anche pericoloso, per la Procura di Genova, che lo ritiene parte integrante di un sodalizio che nell’ultimo decennio sarebbe stato responsabile di azioni dinamitarde in serie.

Cinque, quelle di cui Muccitelli viene accusato assieme ad altre dieci persone, indagate a vario titolo in particolare per gli attentati post G8 contro due caserme genovesi dell’Arma, e quelli contro il Ris di Parma e l’allora sindaco di Bologna Sergio Cofferati.sergio cofferati


Stando alle indagini, il gruppo, con base operativa a Genova, faceva parte di una rete di eversivi con ramificazioni nell’intera penisola, aderenti alla gruppo clandestino della Federazione anarchica informale. Per tutti il pm riteneva necessaria la custodia cautelare, richiesta negata dal gip ed ora pendente davanti il Riesame.

Padre fondano, madre spagnola, il 42enne Muccitelli a Fondi ci è nato e si è formato. E, a suo tempo, le forze dell’ordine già lo tenevano d’occhio, viste le note idee anarcoidi ed antimilitariste. Dalla Piana se ne è andato intorno al 1988, trasferendosi inizialmente a Bologna. A seguire, anni di fervente attivismo antagonista nel triangolo tra la città emiliana, Torino e appunto Genova. Divenendo col tempo uno dei più fermi sostenitori e volti noti del sottobosco anarchico.

Nel ’96, in concomitanza con un arresto, nella sua area divenne una piccola celebrità, con tanto di proteste a Torino, Bologna e Trieste. La chiamavano “diserzione anarchica”.

Tenendo fede al proprio credo, Muccitelli abbandonò il servizio di leva. Considerato appunto disertore, venne condannato ad 8 mesi di carcere. Nel quale stava in quei momenti scontando una condanna a due mesi per un’occupazione abusiva.

“Verso la fine del Car (Campo addestramento reclute, ndr) mi ero accorto che la vita militare mi stava trasformando”, disse all’epoca. “I gesti, le azioni, persino i pensieri diventavano meccanici. Sentivo che la mia individualità si stava spegnendo lentamente, che una garrota invisibile manovrata da un boia, altrettanto invisibile, strozzava la mia coscienza. Era naturale. Quando i giorni si susseguono uguali, quando devi fare sempre le stesse cose, a che ti serve una coscienza, un’individualità? Io che sono uno spirito libero e non ho voglia di sottomettermi a nessuno ho scelto la strada più logica e, perché no, più divertente per esprimermi: ho disertato. Ho preso le mie cose, sono uscito e mi sono scordato di rientrare”.

Col passare degli anni, però, la sua “voglia di non sottomettersi”, per le indagini prestata all’eversione, lo ha portato dritto nel mirino della Procura.