
Un punto di convergenza nel clima piuttosto caotico e conflittuale delle ultime settimane della politica a tutti i livelli istituzionali, e soprattutto per il comprensorio del Basso Lazio, lo si può certamente individuare nelle vicende della sanità. Gli ultimi giorni hanno infatti visto sorgere una vera e propria denuncia collettiva da parte della politica. Un grido di allarme trasversale delle forze politiche. Come peraltro accade da molti mesi. Specie sulla scia di grandi vicende, centro trasfusionale e pastificio Paone su tutte, tornate alla ribalta recentemente a causa di un’offerta sanitaria sempre più precaria e in via di smantellamento. Tutti a difesa della sanità del Basso Lazio e in particolar modo per l’adozione urgente di contromisure alla riduzione dell’offerta sanitaria, specie rispetto all’ospedale Dono Svizzero di Formia, ormai nei fatti sempre meno adatto alla classificazione di Dea di primo livello in virtù di ciò che accade.

Su tutti, vero depositario delle battaglie a tutela della sanità nel territorio, il coordinatore del secondo circolo del Pd Francesco Carta che denuncia le bizzarre dinamiche di intervento del pronto soccorso. “Il modello di soccorso del 118 – dichiara – non va bene. Da 19 ambulanze con medico a bordo siamo passati a 5 auto mediche cosiddette perché dotate di medico che, a secondo del codice di chiamata, intervengono sul territorio. Una di queste auto è dislocata all’ospedale di Formia per il sud della provincia, le altre sono così ripartite: una a Terracina, un’altra a Priverno, una a Latina Scalo ed una a Cisterna. Se giunge una chiamata al 118, l’operatore, sulla base della richiesta del soccorso, decide se inviare la macchina col medico a bordo, in grado di prestare le prime cure, oppure un’ ambulanza con un infermiere ed un ‘soccorritore’.
Si tratta di un modello in cui si possono produrre ampie smagliature come puntualmente accade. Domenica scorsa, in tarda serata, è stata attivata l’ambulanza senza medico a bordo per prestare soccorso ad un anziano residente ad Itri. L’ambulanza giunge ad Itri ed il personale di bordo si attiva immediatamente per trasferire il paziente all’ospedale di Formia. Ma all’altezza della tomba di Cicerone, l’ambulanza si ferma per attendere il medico proveniente dall’ospedale di Formia. Lo chiamano paradossalmente “rendez vous” ma laddove lo applicano si tratta di ben altra cosa. Nel frattempo si perdono minuti preziosi. Sopraggiunge finalmente il medico e l’ambulanza riparte verso l’ospedale dove arriva in tempi brevi. Purtroppo il paziente non ce la fa e noi raccogliamo lo sfogo dei familiari i quali, molto serenamente, ci chiedono di adoperarci per impedire che questi ritardi non accadano più”.
Il modello di soccorso, come dicevamo, non può funzionare così. In Francia è sempre il medico che giunge per primo ad assistere il paziente per cui è stata attivata la chiamata ed è lui che decide se chiamare l’ambulanza. Anche in Italia ci sono Regioni che hanno adottato quel sistema ma in una provincia come la nostra, così complessa sotto il profilo geografico e morfologico, tutto ciò non funziona soprattutto se a raggiungere il paziente è un ambulanza non medicalizzata. L’Ares 118 dovrebbe organizzare il soccorso in modo organico, riappropriandosi appieno delle funzioni per le quali è stato creato e non ridursi ad organizzare appalti di segmenti della catena del soccorso il cui costo è passato da circa 7 milioni ai 10 attuali con appalti diffusi che vanno dalle auto agli elicotteri. Sono sorte associazioni temporanee d’impresa per cui l’auto medica di Terracina è gestita da “Croce Amica”, quelle di Formia e Latina Scalo dalla ditta “Formia Soccorso” mentre quelle di Priverno e Cisterna sono gestite dall’Ares.

Ad occuparsi del centro trasfusionale è arrivato anche il consigliere regionale di minoranza Pino Simeone che si aggiunge a chi da tempo invoca un passo indietro della giunta regionale sulla scelta di convertire il centro in semplice emoteca. “L’assemblea pubblica che si è svolta a Formia, a cui oltre me hanno partecipato tantissimi cittadini, il sindaco, operatori, consiglieri comunali, ha messo in evidenza, ancora una volta, il ruolo strategico che il centro rappresenta per la sanità non solo nel comprensorio centro ma in tutta la provincia di Latina contribuendo a garantire servizi efficienti in tutto il Lazio.

Il Centro trasfusionale dell’ospedale Dono Svizzero di Formia è un’eccellenza che offre servizi qualificati ad oltre 120 persone affette da patologie molto gravi che richiedono, anche ogni due giorni, una trasfusione. E’ il punto di riferimento per un bacino di migliaia di utenti tra cui tanti malati oncoematologici o che necessitano di terapie specifiche come la salassoterapia. E’ il punto nevralgico per servizi di emergenza come per esempio Medicina, Rianimazione, Ostetricia, Ginecologia, Dialisi, Cardiologia e Chirurgia del Dea di I livello di Formia, dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Fondi, del presidio di Gaeta e della Clinica Casa Del Sole di Formia.

La chiusura del centro, come chiaramente indicato nella delibera che assegna gli obiettivi da raggiungere ai direttori generali delle Asl del 31 gennaio 2014, dovrebbe avvenire entro tre mesi creando disagi evidenti a tutti i pazienti che dovrebbero affrontare un viaggio quasi quotidiano di circa 100 km per raggiungere, con tutte le incognite della viabilità, il centro dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina con aggravi sia per le famiglie che sul piano economico a carico di chi sta già affrontando una situazione difficilissima. L’assemblea a chiusura dei lavori ha dato mandato al sindaco di chiedere, anche a seguito del consiglio comunale di Formia che in questi giorni si è riunito per discutere dell’offerta sanitaria sul territorio pontino affrontando anche il nodo del centro trasfusionale, al presidente Zingaretti un incontro urgente a cui siano presenti anche il direttore generale della Asl di Latina, Michele Caporossi, e i quattro consiglieri regionali della provincia di Latina per definire tutte le azioni necessarie per valorizzare e mantenere operativa la struttura.
Infine il circolo Sel di Formia “Raffaele Cicione” concentra il suo intervento, oltre a riprendere proprio il tema del centro trasfusionale, sull’operazione che vedrà in luogo della realizzazione di un nuovo policlinico l’annessione dell’ex pastificio Paone al Dono Svizzero. “Razionalizzare e rafforzare l’esistente nelle strutture sanitarie del territorio: questa la prima ed urgente risposta da dare ai cittadini. Una priorità secondo Sel Formia, da portare all’attenzione del Governatore Zingaretti e del nuovo direttore Generale Capasso, appena insediato.

La programmazione a medio e lungo termine, di cui oggi si pongono le basi attraverso l’analisi della questione nuovo “Ospedale del Golfo” e/o ampliamento dell’attuale Ospedale “Dono Svizzero” con il vicino ex Pastificio Paone, è senza dubbio necessaria e, come annunciato all’ultimo Consiglio Comunale, SEL Formia non ha pregiudiziali e preferenze verso alcuna proposta emersa. Condizione essenziale è che tutto passi attraverso un tavolo tecnico, al fine di individuare fattibilità, tempi e costi di realizzazione, in cui siano coinvolti Amministratori regionali, la dirigenza ASL ed Amministratori del Sud Pontino (Formia, Gaeta, Minturno).

Esiste però la necessità di un’azione a breve termine, la vera emergenza del momento. La spending review nazionale e regionale ha inciso duramente nel nostro territorio, in nome di una presunta razionalizzazione. Sono stati chiusi i piccoli ospedali e dovevano essere rafforzate le strutture con più disponibilità di posti letto. Niente di tutto questo. L’Ospedale di Formia, DEA di I livello, che negli anni ha raggiunto livelli di eccellenza – pensiamo alle tecniche di intervento chirurgico mini invasivo – è oggi in ginocchio a causa del blocco del turnover e delle scarse risorse finanziarie. Liste di attesa sempre più lunghe, cancellazione di servizi specialistici centralizzati in provincia, costringono i cittadini a spostarsi continuamente, anche in regioni limitrofe, per avere la dovuta assistenza.

Ultimo atto la paventata chiusura del Centro Trasfusionale. SEL si oppone fortemente ad ogni cancellazione di servizio nella Sanità pubblica del nostro territorio e chiede alla nuova dirigenza provinciale ASL un rafforzamento delle strutture di assistenza . Il sistema sanitario del territorio va ottimizzato e rilanciato, attraverso una urgente razionalizzazione delle risorse umane, strumentali e strutturali, che deve tradursi in tempi brevi in un miglioramento ed ampliamento dei servizi assistenziali. Investire in Sanità vuol dire investire in benessere comune, ed investire bene non sempre comporta un globale aumento dei costi. Lo dice la recente rivisitazione di Zingaretti del Programma Operativo di rientro per la spesa sanitaria.
Il PO ha evidenziato un notevole aumento della mobilità sanitaria in uscita (mobilità passiva) dalla Regione Lazio, soprattutto verso regioni come Campania ed Abruzzo, e ha posto come urgente il recupero di questa spesa, che viene spesso elargita ad imprenditori privati di altre regioni, sottraendo risorse alle strutture pubbliche regionali. Un territorio di confine come il nostro incide fortemente su questa spesa, soprattutto quando le strutture sanitarie pubbliche disponibili non danno risposte. Investiamo dunque nelle nostre strutture sanitarie, ridiamo loro dignità, e restituiamo ai nostri cittadini il diritto alla salute, diritto garantito dalla nostra Carta Costituzionale.