
Si tratta di un copione già visto e rivisto. Il politico di turno che in campagna elettorale promette mari e monti per ottenere il successo, e quindi il consenso sperato, nelle cabine elettorali, salvo poi non fare nulla di quanto promesso. Un classico strumento all’italiana, di basso livello intellettuale ma di enorme tornaconto elettorale, che diventa ancor più controverso in relazione al momento storico e al tema trattato. Il riferimento non può che andare al governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti che lo ha usato quando, pur avendo già vinto le sue elezioni regionali, si spendeva come grande deus ex machina della politica interistituzionale, quella che funziona per livelli, e al ruolo di governatore viene affidato un potere di un solo gradino inferiore al potere più alto, e tutto per il supporto di un candidato sindaco del medesimo partito.

Foto Ansa – da: ilsole24ore.it*
Anche perchè bisognava sostenere un amico, Sandro Bartolomeo, e compagno di partito, il Pd, nel far credere che grandi opere potevano essere realizzate per il Lazio meridionale che per Zingaretti era il maggiore tra i potenziali economici inespressi dell’intera Regione. Eppure si arrivava dopo uno dei più risonanti scandali politici regionali, fatto di ruberie, ladri, soldi pubblici spesi per automobili, feste e champagne, durante la giunta Polverini la quale, a sua volta, aveva adottato un analogo sistema, quello di promettere in campagna elettorale il risanamento della sanità regionale, uno dei più grandi buchi dell’intero bilancio nazionale. E a rivedere certe dichiarazioni pubbliche di Zingaretti a distanza di pochi mesi ci si rende conto di come funziona il consolidato sistema della promessa elettorale, un vero marchio di fabbrica Made in Italy al quale l’elettorato dimostra di non essersi ancora abituato.

Sulla sanità che, proprio al pari della Polverini, veniva presa in gestione dal governatore in qualità di commissario ad acta, le promesse erano roboanti, ma senza varcare i confini comprensoriali, arrivato più volte a Formia non poteva fare altro che parlare di policlinico del Golfo e di una sanità locale che non doveva essere smembrata. Insomma l’esatto contrario di quanto fatto. Ma andiamo alle testimonianze. Si può ascoltare nell’intervista del 26 gennaio 2013, allora non era ancora governatore, una dura critica alla scelta di spaccare la sanità regionale in due categorie, con cittadini di serie A e cittadini di serie B, dove le macroaree ideate dalla Polverini vengono considerate una furbizia sulla quale si scaricano in Provincia i pesi dei piani di rientro. “Dobbiamo riacquistare credibilità verso il territorio e dobbiamo quindi parlare di policlinico del Golfo – affermava Zingaretti -, e la sanità nel sudpontino è così ridotta perché si è sempre pensato a destrutturare il vecchio senza mai costruire un nuovo modello sanitario. Noi lo dobbiamo fare”.
(intervista a Nicola Zingaretti – Formia, 26 gennaio 2013)

A queste parole ripetute in maniera persino più energica dall’attuale governatore, durante gli altri incontri avvenuti successivamente al teatro Remigio Paone, dove affermò: “io il policlinico lo faccio”, tra la folla urlante e gaudente per l’impegno preso, non va dimenticata tutta la comunicazione della sua campagna elettorale che, allo slogan “Immagina”, accompagnava manifesti specifici per i grandi temi di cui subito occuparsi. E ovviamente non poteva mancare la sanità, col manifesto dedicato che recitava: “Immagina un’assistenza sanitaria efficiente e vicina alle persone”.

Ora sulla base di quanto detto, e ad un anno dall’insediamento di Zingaretti, non solo del policlinico del Golfo non si ha traccia, e forse non se ne avrà mai, così come della soluzione che sa di piano B come l’annessione al Dono Svizzero dell’ex pastificio Paone, ma si è fatto addirittura peggio. Nessuna soluzione per l’emodinamica che obbliga a spostamenti anche di un centinaio di chilometri se l’infarto coglie in orari difformi da quelli di apertura part-time che il Dono svizzero può oggi offrire.

Ma Zingaretti deve essersi impegnato a fare l’esatto contrario di quanto promesso sull’offerta sanitaria, perché mentre andava parlando di sanità vicina al territorio, alle persone, assistenze domiciliari, e porre un freno allo smembramento della sanità provinciale per scongiurare discriminazione territoriale, il 6 dicembre scorso ha firmato un decreto col quale converte il centro trasfusionale, vera eccellenza per numeri, in semplice centro di raccolta del sangue, anche qui imponendo l’utenza a fare diverse decine di chilometri per una trasfusione. Un gruppo di emotrasfusi ha addirittura formato un comitato per scongiurare una chiusura che oramai sembra inevitabile e sulla quale persino il compagno di partito Bartolomeo sembrava non sapere nulla.

E se ne sono accorti persino i suoi più accaniti sostenitori, proprio come Sandro Bartolomeo che è sembrato piuttosto frustrato nell’essere costretto a constatare le contraddizioni del governatore, riconoscendo ai suoi storici detrattori, una ragione che mai avrebbe voluto riconoscere. Non fosse altro che ciò avrebbe significato vedere reali cambiamenti nella sanità locale per uno come il sindaco di Formia che di sanità vive. Così solo pochi giorni fa un ordine del giorno è stato concordato dal Consiglio comunale per far si che il documento finisca sulla scrivania di Zingaretti per ricordagli le promesse fatte e gli impegni disattesi, e rinfrescargli la memoria sull’urgenza di un’offerta sanitaria oramai quasi completamente annullata, con costi della mobilità passiva alle stelle, tecnologie obsolete, personale ridotto all’osso, turni estenuanti e servizi soppressi, tutto in un Dea di primo livello, a questo punto avviato ad essere un piccolo presidio sanitario di provincia.

Ma il tema è caldo e allora lo stesso partito di appartenenza, nell’emanzione del circolo 2, e del suo coordinatore Francesco Carta, storicamente impegnato nelle battaglie per la sanità locale, ha stilato un documento tecnico dove spiega i benefici economici, logistici e sociali per i quali il policlinico è meglio di soluzioni patchwork come l’annessione dell’ex pastificio. Una ulteriore divaricazione ad una spaccatura che nello stesso Pd formiano si sta verificando, visto che da una parte c’è chi continua a volere il policlinico, dall’altra chi si accontenterebbe del pastificio. E come nella migliore tradizione caotica del Pd, non poteva mancare neanche chi vorrebbe entrambi come il sindaco Bartolomeo che, in attesa del policlinico, spera di chiudere in fretta l’acquisizione del pastificio.
documento definitivo Francesco Carta su ospedale DOC.

Ultima battuta, giusto per chiudere il cerchio, va testimoniata grazie alla versione del consigliere regionale formiano in quota Pdl Pino Simeone che ha parlato di questa impasse come “di un evidente favoritismo nei confronti della sanità capitolina, quella delle cliniche romane”. Insomma esattamente ciò che Zingaretti diceva della Polverini. Tutto nel miglior spirito gattopardiano dove tutto cambia affinchè si possa fare anche peggio.