Processo ‘Caronte’, i giudici della Corte d’Appello riducono le pene

corte_appello_romaAssoluzioni confermate e condanne ridotte. La sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma ha ulteriormente ridimensionato il castello accusatorio costruito dagli inquirenti nel processo “Caronte”, quello sulla presunta associazione per delinquere costituita dalle famiglie nomadi nel capoluogo pontino, per monopolizzare il business criminale. I giudici capitolini si sono espressi sui sette imputati che in primo grado hanno scelto di essere processati con rito abbreviato, ovvero allo stato degli atti. Mentre il processo principale è ancora in corso davanti al Tribunale di Latina, nella capitale si è così concluso anche il secondo grado per gli imputati che, un anno fa, si sono fatti giudicare dal giudice Costantino De Robbio.

Quest’ultimo aveva condannato Fabio Di Stefano, detto Il Siciliano, a cinque anni di reclusione, Giuseppe Pasquale Di Silvio a tre anni, Sebastiano Casaburi a un anno, con sospensione della pena, assolvendo Corrado Coronella, l’ex poliziotto Giuseppe Giovanni Bedin, Armando e Samuele Di Silvio. A fare appello sia le difese dei condannati che il pm Marco Giancristofaro, che aveva chiesto, tra l’altro, di ripristinare la misura del carcere per Armando e Samuele Di Silvio.


La Corte d’Appello di Roma ha invece ridotto la pena a Fabio Di Stefano, non ritenendolo parte dell’associazione per delinquere e ritenendo sufficienti due anni e mezzo di reclusione per le accuse di detenzione illecita di armi e ricettazione, ha ridotto la pena a due anni e otto mesi per Giuseppe Pasquale Di Silvio e confermato le assoluzioni di Armando e Samuele, tutti difesi dall’avvocato Oreste Palmieri.

I giudici romani hanno poi confermato la condanna a un anno per Casaburi e confermato le assoluzioni di Coronella e Bedin, difesi dagli avvocati Angelo Palmieri, Amleto Coronella e Angelo Cavaliere. Rigettato dunque l’appello del pm e riviste alcune posizioni alla luce degli appelli delle difese. Occorrerà ora vedere come finirà il filone principale del processo, ancora in corso appunto a Latina.

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