
Dopo aver trascorso quasi tre anni dietro le sbarre, un 45enne di nazionalità ucraina è stato assolto con la formula più ampia dalla Corte d’Appello di Roma. Per tutto questo tempo è stata ignorata la prova dell’innocenza dell’imputato, un meccanico specializzato in riparazione di aerei, di nazionalità ucraina, accusato di aver cercato di uccidere la moglie nella loro abitazione sul litorale.
La notte tra il 19 e il 20 maggio del 2011, una donna di 42 anni precipitò dalla finestra della sua camera da letto, al secondo piano di una palazzina sul litorale. La vittima sussurrò ai soccorritori che a spingerla era stato il marito. Il 45enne finì in carcere e inutili furono le sue giustificazioni, giurando che non aveva toccato la moglie e che era stata la donna a gettarsi nel vuoto, perché depressa e in quel momento ubriaca. L’arrestato raccontò che la donna voleva tornare in Ucraina, ma che lui si era opposto, visto che in Italia aveva un buon lavoro, disse che per quella ragione avevano discusso e che lei, ubriaca, si era gettata dalla finestra.
Gli esami compiuti nella clinica di Pomezia, prima che la 42enne venisse trasferita all’ospedale San Camillo di Roma, provavano che la paziente aveva un elevato tasso di alcol nel sangue. Ma fu tutto inutile. Quel referto finì nel fascicolo del pm e non venne utilizzato. Quando il difensore dell’imputato, l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, lo tirò fuori davanti al Tribunale di Velletri, all’inizio venne anche accusato di falso. Il 45enne venne lasciato in carcere e condannato a 11 anni di reclusione per tentato omicidio.
Ora la verità è stata ristabilita in appello e l’imputato assolto per non aver commesso il fatto. “Chiederemo un risarcimento dei danni, per la carcerazione sofferta dal mio cliente, e non solo”, assicura l’avvocato Cupo.