Una ‘paranza’ costruita in Egitto ma con il cuore e l’anima terracinesi. Una barca da pesca che è molto di più di questo, è la sfida di un uomo che va in mare da una vita, e prima di lui il padre, e che dopo aver trasmesso la stessa passione al figlio ha deciso di andare controcorrente investendo soldi, tempo e fatica in un mestiere che rischia di naufragare sotto i colpi della crisi generale e dell’indifferenza dei piani altri del Paese.
Lui è Domenico Monti, 63 anni di cui ben 41 trascorsi in mare, prima con il padre e poi da solo, a bordo della paranza ‘Maria Agostina’, il nome di sua madre. Domenico ha un figlio, Claudio, ed a lui che ha deciso di passare il testimone che ha tanto il sapore di un fardello. Per questo motivo ha preso la decisione di acquistare un peschereccio completamente nuovo da lasciare a Claudio, proprio come suo padre fece con lui tanti anni fa. Ma una barca speciale, capace di domare il mare agitato in cui oggi naviga, spesso a vista, la marineria. Basti pensare a quella di Terracina passata in appena una decina d’anni da una florida flotta di circa 40 barche alle 15 scarse di oggi.
La ‘paranza’, Domenico, è andata a prendersela fino in Egitto dove se l’è fatta costruire con materiale italiano e su progetto italiano, proprio quello che il pescatore terracinese ha illustrato a un ingegnere di Cagliari che poi l’ha progettata. Operai egiziani hanno pensato a tagliare i pezzi e a metterli insieme.
Domenico Monti aveva cercato in giro per l’Italia prima di mettere il naso fuori, ma con scarsi risultati. “Pescherecci usati ce ne sono tanti in Italia – racconta – ma le cifre sono fuori controllo per imbarcazioni che hanno almeno dieci anni di vita. Non parliamo neanche per farsene fare uno nuovo”. Per questo c’ha messo poco a capire che doveva rivolgersi altrove, dopo aver conosciuto l’ingegnere cagliaritano che ha progettato la barca. A questo punto stava per partire per la Cina con il progetto in tasca, dove pare che di pescherecci ne costruiscano decine ogni giorni a costi più bassi che in Italia. Ma poi ha saputo che la stessa cosa succede anche in Egitto, ed è lì che andato fino in una fabbrica al Cairo dove lavorano l’acciaio. Il materiale Domenico l’ha voluto rigorosamente italiano, trasformato in pezzi al Cairo e assemblati a Suez. Il motore è ucraino.
D’allora sono trascorsi 3 anni prima che ‘Piramide’ (“Il nome è provvisorio” ci tiene a dire il pescatore), peschereccio tutto d’acciaio, vedesse la luce e cominciasse il suo primo viaggio, destinazione Terracina. A bordo c’erano Domenico, il figlio Claudio e un’altra persona. Sono partiti in da Suez, hanno superato il canale e da lì il mare aperto, con un serbatoio pieno di litri di carburante.
Prima tappa a Creta e poi a Messina, e alla fine il porto di Terracina. Un’avventura di otto giorni e otto notti per mettere al sicuro la tradizione di famiglia che potrà solcare nuove rotte ma che tornerà sempre a casa.