Qualcuno è riuscito a intervistarlo. E a sentire direttamente dai suoi racconti quanto ha visto e a cosa ha assistito nel periodo in cui è stato chiamato ad occuparsi dei “rifiuti”.
Roberto Mancini, il 53enne sostituto commissario di Polizia di Roma, finora, è rimasto sconosciuto. Ossia, fino a quando non è esploso il caso dei “rifiuti tossici” era “noto” solo come un poliziotto onesto, ligio, irreprensibile. Eppure Mancini ne sapeva già oltre 15 anni fa davvero tanto sul traffico illecito di rifiuti. Ma tanto da aver inviato una informativa in Procura nel 1996. Relazione dimenticata chissà dove fino a due anni fa quando il sostituto procuratore Alessandro Milita l’ha rispolverata. E non solo…
Oggi le parole del sostituto commissario vengono considerate diversamente. I suoi racconti hanno un peso gravoso sugli inquirenti e anche sulla salute pubblica.
Nelle interviste che rende, Mancini non lascia niente all’intuito. E’ chiaro e preciso nel riportare date e ricordare i fatti ai quali ha preso parte personalmente. Perché fino a qualche tempo fa la “guerra ai rifiuti pericolosi” e al traffico illecito, era una guerra che pochi avevano scelto di intraprendere. E lui è stato tra i pochi coraggiosi.
Senza esitare ora Mancini racconta dei Casalesi “erano loro che gestivano il traffico dei rifiuti, coordinati dal broker Cipriano Chianese. Lo stesso tutt’ora attivo non solo nella Campania, ma nel Lazio e precisamente a Latina e Frosinone, dove continua a mantenere rapporti di lavoro con soggetti e società”.
E’ assai ampia la fetta di territorio interessata dall’inquinamento. Così come considerevole il numero di cittadini coinvolti. E Mancini non ne fa segreto. Anche perché “sono convito io, ma lo è ancor di più Milita che bisogna intervenire subito altrimenti l’inquinamento diventerà irreversibile e non solo in Campania, ma anche nel Lazio”.
Questi territori il sostituto commissario li ha perlustrati a bordo di un elicottero a fianco a Carmine Schiavone per individuare i “siti” nei quali erano stati sotterrati i rifiuti.
Sono territori sui quali il poliziotto ha investigato, persino effettuando personalmente i sopralluoghi. I controlli li ha eseguiti direttamente nelle discariche, all’interno di centrali nucleari. Non pensando mai alle conseguenze. Eppure, purtroppo, Mancini conseguenze per gli anni trascorsi tra i rifiuti tossici ne ha avute. Eccome. Da anni è affetto da un tumore del sangue e a breve verrà sottoposto ad un trapianto. La sua è una “malattia per causa di servizio”. Eppure nonostante lo scotto tanto grande pagato per aver cercato di portare alla luce una gestione illecita dei rifiuti Mancini ha avuto un risarcimento danni che è assurdo anche definire ridicolo: 5mila euro.