FORMIA-FONDI, ''OPERAZIONE TAHITI'': UNA CONDANNA E UNDICI ASSOLUZIONI. CONFISCATI BENI PER DIECI MILIONI DI EURO

tahiti ascione gicoSei anni e due mesi per associazione a delinquere di stampo camorristico e, contestualmente, dieci milioni di euro di beni confiscati. E’ la condanna che il giudice del Tribunale di Napoli, Antonio Cairo, ha inflitto con rito abbreviato a Giuliano Ascione ritenuto affiliato al clan camorristico Mallardo e arrestato nel dicembre del 2011 a Formia nel corso dell’indagine coordinata dalla Dda di Napoli ed eseguita dal Gico della Guardia di Finanza di Roma nell’ambito dell’operazione denomina Tahiti, dal nome dello stabilimento balneare di Fondi dove alcuni sodali si incontravano.

Tutti assolti invece gli altri undici coinvolti nell’operazione. A cominciare da Michele e Luigi Ascione accusati anche loro di associazione a delinquere di stampo camorristico per cui erano stati chiesti rispettivamente otto e nove anni.


Analogamente per gli altri coinvolti nella vicenda. Sei anni e mezzo a testa era stata la richiesta del Pm Maria Cristina Ribera, che il giudice non ha accolto, nei confronti di Carmine, Ciro e Vincenzo Ascione figli di Giuliano per partecipazione esterna.

Infine, per i restanti coinvolti, accusati di intestazione fittizia di beni, quattro anni e mezzo era stata la richiesta disattesa dall’assoluzione. Nello specifico nei confronti di Elio Carmine Ascione, figlio di Michele, Giuseppina Flaviano, moglie di Giuliano, Filomena Flaviano, cognata di Giuliano, Paola Ausilio, moglie di Michele, Vincenzo Serino e Concetta Ascione, moglie e figlia di Luigi. Contestualmente è stata disposta la riconsegna dei restanti quaranta milioni di euro in beni all’epoca sequestrati su un totale di cinquanta milioni di euro.

A difenderli gli avvocati Salvatore Cacciapuoti, Giuseppe Pellegrino, Graziano Giaquinto, Giuliano Antonio Russo.

L’indagine, basata sul riscontro delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, che in passato hanno ricoperto ruoli di primissimo piano nelle principali consorterie camorristiche campane, oltre che su intercettazioni telefoniche ed estesi accertamenti bancari e patrimoniali, aveva seguito i movimenti economici nel basso Lazio della famiglia Dell’Aquila, potentissimo braccio criminale ed economico del clan Mallardo, capeggiata da Giuseppe Dell’Aquila – detto “Peppe ‘o Ciuccio”. Da qui gli investigatori erano infine giunti ad individuare i fratelli Ascione, ritenendoli reinvestitori nell’economia legale del sud-pontino di ingenti capitali, nel settore edilizio-immobiliare e del commercio di autovetture, frutto delle attività illecite del clan giuglianese.

All’epoca erano stati sequestrati in totale ottantaquattro immobili (38 terreni e 46 fabbricati), ubicati in provincia di Latina, Napoli e Cosenza, sei aziende, con sede nelle provincie di Napoli e Latina, operanti nel settore del commercio di autoveicoli e nel settore edilizio-immobiliare, quote societarie di un operatore economico operante nel settore della gestione di stabilimenti balneari, quindici auto e motoveicoli, trentadue rapporti finanziari.

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