Si respira un’aria diversa transitando tra le corsie dell’ospedale Dono Svizzero di Formia. In particolare nel reparto di chirurgia dove da un mese ha preso servizio come primario Giovanni Baiano, un’esperienza riconosciuta al San Giovanni di Dio di Fondi e soprattutto nei presidi d’eccellenza del Beaujon di Parigi, dove ha approfondito la pratica degli interventi al fegato, e del Marie Lannelongue per quelli al polmone.
Nei primi trenta giorni di attività nel presidio formiano, Baiano e il suo esperto staff hanno già portato a termine trenta interventi oncologici di asportazione tumori: allo stomaco, al colon, al retto, al fegato e al polmone. Tutti andati a buon fine. Un cambio di passo notevole soprattutto nei criteri di lavoro e che soddisfa sia l’esperto chirurgo ma anche direzione sanitaria, colleghi, infermieri e, soprattutto, pazienti. Perché sono loro i principali beneficiari di un modo di fare chirurgia che Baiano sta rinnovando seguendo principalmente due strade: quella della chirurgia mini invasiva ovvero la Vats, chirurgia toracica video-assistita attualmente utilizzata solo nei maggiori presidi di Roma e Napoli, con l’introduzione della cannula toracoscopia attraverso una incisione di 1-1,5 centimetri. Che permette di dimettere un paziente il giorno dopo l’intervento facilitandogli i tempi di recupero.
E, sullo stesso piano, l’introduzione della chirurgia laparoscopica, oggi considerata la più consistente rivoluzione in campo chirurgico degli ultimi 20 anni, che consente di eseguire le procedure chirurgiche utilizzando un sistema di visione televisivo e di operare attraverso piccole incisioni cutanee lunghe al massimo un centimetro, per poi procedere con l’utilizzo di strumenti ottici e operativi introdotti attraverso le incisioni. E non solo. Oltre l’avvio della chirurgia epatica, prima non contemplata, strettamente legato a questo tipo di operazioni chirurgiche, c’è il “fast track” ovvero una procedura di recupero “accelerata” dei pazienti cardiochirurgici che riduce notevolmente i tempi di permanenza dei degenti, sia in terapia intensiva (16-24 ore, rispetto alle 24-48 ore della procedura standard), sia nel reparto di degenza (7 giorni rispetto ai 10-15 giorni del protocollo abituale).
Un impegno da tour de force per tutto lo staff, dunque, sia nel rendere più efficienti i tempi di risposta ai fruitori sia per trasformare il presidio di Formia in un centro di eccellenza medica. I disagi, considerato il momento storico economico, a ogni modo non mancano, dicasi personale, risorse e attrezzature, dove è necessario un forte investimento, ma l’impegno profuso da medici e infermieri c’è da augurarsi non passerà inosservato a dirigenza e Regione Lazio. In questo senso, a breve, il reparto beneficerà anche della donazione di un bisturi ad argon, fondamentale per la chirurgia epatica stante che permette resezioni esangui precise e veloci. Di più, però, si può fare.
E sulla scia di chirurgia, un positivo fermento si respira anche in tutti gli altri reparti che attivamente collaborano. Come in nefrologia, dove tra poco partirà una moderna procedura di lavaggio pretorio per via laparoscopica che ancora pochi presidi applicano in Italia, o nel reparto di endoscopia digestiva solo per fare due esempi. Una crescita complessiva del livello medio ospedaliero, visibile già da ora, e che tra sei mesi, colmando le carenze, permetterà di raggiungere standard di prestazione ancora più elevati.