FORMIA, TONY D’URSO: PRIMA EMIGRANTE, POI UOMO DI SUCCESSO, OGGI FILANTROPO

*Tony D'Urso*

L’articolo dedicato al formiano, Tony D’Urso, per la sua vita al servizio del prossimo è stato votato tra i cinque finalisti per l’”American Inspired”, categoria “Sacrificio”. Il concorso celebra persone straordinarie che fanno la differenza negli Stati Uniti. La votazione chiuderà il  27 gennaio, ed i finalisti con il maggior numero di voti in ciascuna categoria si divideranno 100.000 dollari in premi.

C’è una baraccopoli al di fuori di Nairobi, in Kenya, la cui strada centrale è chiamata “fiume di me..a” perché è lì che i “rifiuti” del popolo risversano. Si tratta di una baraccopoli così povera e disperata, che i bambini non desiderati vengono lasciati accanto al fiume, durante la stagione dei monsoni, per essere portati via dalle acque, spesso destinati a morte certa. E per troppi dei 1,5 milioni di persone stipate in questo angolo di mondo, è l’unico modo per uscire dalla loro realtà.


E’ qui che Antonio D’Urso arriva due volte l’anno, dalla sua casa di Long Island (New York), per costruire una scuola, un orfanotrofio, armato solo di martello, sega e buona volontà.

Dopo essere andato in pensione e reduce dalla sua brillante carriera da responsabile del Dipartimento d’Amministrazione per la costruzione di edifici pubblici della città di New York  e di 14 anni come consigliere eletto nel distretto di Nord Hempstead, si è dedicato a tre diverse associazioni di beneficenza. Ha percorso migliaia di chilometri ogni anno, a proprie spese, ad Haiti, Nicaragua e del Kenya, per la costruzione di case ed ospedali, tirati su una alla volta col proprio impegno e lavoro.

Lavora in alcuni dei quartieri più poveri del pianeta: ad Haiti, dove il “miglioramento” è la creazione di una tendopoli per i bambini resi orfani dal terremoto; nei villaggi in Nicaragua, dove la gente vive in baracche costruite con scarti di lamiera e legnami di risulta. Egli è guidato dalla domanda assillante: “Non riesco a capire perché i bambini devono vivere in questo modo – spiega Tony D’Urso – cosa hanno fatto per meritare di vivere in questa povertà, dal quale di certo non usciranno da soli?che non importa quello che fanno, non usciranno da soli?”

Quando andò in pensione, decise di fare qualcosa in prima persona. “Quando ero in pensione, stavo pensando a cosa fare per il resto della mia vita. Sono stato coinvolto con Habitat for Humanity, contribuendo a costruire alcune case , ho dato un contributo a Save the Children, City Children e Smile Train. Ma poi ho voluto dare più ed impegnarmi per fare qualcosa di concreto”.

Stava guardando il canale di notizie locali, quando vide un ragazzo che si stava dando da fare per costruire delle casette, ed il narratore spiegò che lo faceva per gli altri, senza fini di lucro,  per le popolazioni indigene a Masaya, Nicaragua. Riconobbe l’uomo, casualmente, leggendo un articolo su di lui sul “Newsday” pochi giorni dopo. Lo volle conoscere di persone per offrirgli un aiuto e così nacque tutto. Ora, viaggia due volte l’anno a Masaya, Nicaragua, per la costruzione di due case. Si tratta di semplici case di cemento, ma sono comunque un grande miglioramento rispetto alla disastrosa realtà che la gente delle baraccopoli vive, fatta di  baracche fatiscenti portate via dall’acqua quando piove, senza elettricità o acqua corrente.

Ogni casa costa  3500 dollari – i soldi che Tony guadagna parlando a fondazioni e club – come il Rotary International – bastano ogni anno per costruire una casa . Nell’articolo, pubblicato dal giornale Examiner, realizzato dalla giornalista Karen Rubin, Tony D’Urso si racconta. Dalla sua partenza dall’Italia, alla sua carriera professionale e politica, alla voglia di aiutare il prossimo.  La giornalista americana spiega che Tony “..è cresciuto a Formia, una piccola città tra Roma e Napoli, dove il suo destino era quello di essere un operaio, e dove l’idea di perseguire l’educazione, al di là di quinta elementare, era fuori dalla portata familiare”, così racconta dalla sua epopea per emigrare negli states, ai suoi primi lavori. Racconta dall’incontro con la moglie (anch’essa conterranea di Pignataro) ai sacrifici fatti per studiare e prendere una laurea mentre lavorava ed aveva già quattro figli, fino ai successi lavorativi e politici. Tony non dimenticando questi periodi difficili, ha deciso di dedicarsi agli altri, li dove la voglia personale di cambiare non basta ed i bambini non sembrano avere possibilità.

Votiamo tutti, quindi, per Tony, facendogli sentire il calore della sua città d’origine, dandogli la possibilità di vincere il primo premio di 100.000 dollari, così che possa continuare la sua opera umanitaria, anche grazie al nostro contributo.

Link per registrarsi al sito (è necessario votare): http://www.examiner.com/user/register

Lik al’articolo originale ( a destra troverete il pannello per votare): http://www.examiner.com/populist-in-long-island/tony-d-urso-builds-a-new-life-for-others-and-himself-building-homes-schools