***video**OPERAZIONE ARCOBALENO: LA POLIZIA SEQUESTRA ARMI E DENARO CONTANTE

dsc02116Due anni e mezzo di indagini. E poi il blitz. Una delle operazioni più importanti mai avvenute in Italia. Un sequestro del valore totale di 500 milioni di euro. Il giorno dopo l’operazione Arcobaleno, il vice questore Paolo Di Francia dà soddisfazione ai suoi agenti. «A onor del vero altri colleghi prima di me avevano avviato questa indagine qui a Formia. Il successo lo si deve al merito e al sacrificio del personale operante di questo Commissariato. E all’opera della Guardia di Finanza, coinvolta successivamente». Nel merito delle indagini «Ci aiutano molto i nuovi strumenti normativi: quelli contro i patrimoni  dei clan». Ma l’operazione Arcobaleno, non è solo una questione di soldi per quanto sulla scrivania del vice questore ci siano 12mila euro in contanti provento del sequestro, una parte infinitesimale del denaro nelle disponibilità degli affiliati. Sulla scrivania ci sono anche pistole e fucili sequestrati in mezza Italia. E a Formia e Fondi. Anche questi sono solo una piccola parte: calibro 9, fucili a pompa, parabellum. Acquistati regolarmente ma non solo. Rubati e usati, la Scientifica sta effettuando i riscontri, nelle più efferate operazioni del clan. E anche agendine e “libri mastri” dove Giovanni e Domenico Dell’Aquila, 51 e 45 anni, fratelli di Giuseppe Dell’Aquila, alias “Peppe ‘o ciuccio”, residenti a via delle Terme Romane a Formia, annotavano ogni operazione e numero utile. Sono proprio i numeri di telefono a interessare. Perchè da essi si ricava una fitta rete di rapporti creati in sette anni di attività intensa: di riciclaggio di denaro sporco. Per lo più proveniente dal traffico di stupefacenti. Ma non solo. Perchè i Dell’Aquila, che dichiaravano al massimo 2-3mila euro l’annui, favoriti nella loro attività da affidabili studi commercialisti, non si facevano mancare nulla: dal concessionario auto (a Formia gli investigatori segnalano “New Auto” chiuso tre mesi fa), ma anche appartamenti, palazzi, alberghi, terreni, magazzini, quote societarie. Tutto, però, senza fare clamore. Senza dare scandalo. Perchè gli affari si fanno in silenzio e questa regola trova  maggior valore in queste famiglie specie quando si hanno figli giovani come i due fratelli Dell’Aquila avevano: non litigare con nessuno, mantieni sempre la calma, la famiglia prima di tutto. Entro sabato, a Napoli, partiranno gli interrogatori di garanzia davanti al Gip Marcello Piscopo. Quello che emerge resta però un quadro inquietante. Dell’Aquila a Formia, Maisto e Pirozzi a Fondi rappresentavano di fatto i bracci economici del clan Mallardo. Quel clan di cui è capo storico Francesco detto “Ciccio è Carlantonio” arrestato nel 2003 a Nola dopo un inseguimento in autostrada e dopo essere evaso da una clinica in Piemonte. Era considerato uno dei cinque super ricercati della camorra. Proprio da quell’arresto, il reggente è Giuseppe Dell’Aquila, latitante dal 2002 e su cui le forze dell’ordine stanno stringendo il cerchio. «Lo prenderemo presto» promettono i visi dei poliziotti.


Scritto da:  Francesco Furlan

Intanto il Ministro dell’interno Roberto Maroni ha commentato che in 19 mesi di Carica , le forze dell’ordine hanno individuato e arrestato 22 tra i 30 latitanti piu’ pericolosi. Lo ha ricordato a Verona, precisando che “non passa giorno che non ci sia un arresto di un camorrista, e non fa piu’ notizia”.

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Inoltre il commissariato di Fondi  nell’eseguire il sequestro del cantiere edile in Via Madonna delle Grazie, in ottemperanza al Decreto emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli – D.D.A., hanno preso atto, tra l’altro, di rilevanti anomalie in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Sul posto sono emersi gravi irregolarità a cominciare dalle mancanze sulla cartellonistica del cantiere che era priva delle prescritte indicazioni.
Inoltre si è costatato l’assoluta mancanza del rispetto delle norme sulla sicurezza. In particolare è emerso l’ assenza delle protezioni da catiere1caduta di residui di lavorazione sulle impalcature ed i ponteggi e, cosa ancor più grave le scale fisse ed i pianerottoli in costruzione erano privi di parapetti e delle altre opere provvisionali.
All’atto del controllo, mirato anche alla verifica della rispondenza del titolo autorizzatorio posseduto dalla Società appaltatrice nonché dalla ditta sub appaltante, sono state identificate tutte le persone che al momento operavano nel cantiere a vario titolo, ognuna delle quali era sprovvista di qualunque D.I.P.(Dispositivi di Protezione Individuale).
Il cantiere  sottoposto a sequestro per le operazioni di Polizia in corso, è stato sigillato e pertanto ne veniva interrotta l’attività scongiurando nel contempo eventuali infortuni accidentali.
Restano gravi le responsabilità cui a vario titolo risponderanno il committente, il responsabile dei lavori ed il coordinatore in materia di sicurezza e di salute, le cui rispettive posizioni sono al vaglio degli inquirenti per gli ulteriori sviluppi.