PROPOSTA DELL’ANCIM: UN EURO PER SBARCARE SULLE ISOLE MINORI

I 36 comuni delle Isole  minori italiane vogliono contribuire a scrivere – insieme al nuovo Governo – quel capitolo sulla crescita e sviluppo che manca nel Patto di stabilità.

Sono sempre più evidenti gli effetti di processi decisionali spesso non adeguati ai problemi da risolvere  ed in cui le specificità territoriali non sono state adeguatamente valutate. Si cita per tutti il problema dei servizi essenziali quali scuola, sanità, trasporti che nelle Isole minori necessitano di pesature diverse per fornire e garantire anche ai cittadini isolani quegli standards che vengono attuati sulla terra ferma. In parole povere le regole che valgono sul continente non possono valere per le isole.


Da anni i Comuni delle Isole minori hanno evidenziato questi gap e questa attuazione distorta del dettato costituzionale, che invece garantisce il diritto ad avere servizi essenziali uguali per tutti i cittadini. Trasporti inadeguati ed insufficienti  generano isolamento e mancato sviluppo.

I Comuni insulari sono consapevoli che la coesione territoriale possa assicurare sviluppo in tutte le aree attraverso la valorizzazione delle proprie peculiarità ed attraverso la trasformazione delle diversità e fragilità in asset che contribuiscono allo sviluppo sostenibile generale.

Questo favorirà non solo il riequilibrio delle aree deboli, quali quelle insulari, rispetto a quelle forti in termini di reddito ed occupazione, ma anche di dotazione di infrastrutture materiali ed immateriali, di accesso ai servizi  ed in ultima analisi di qualità della vita.

I principi dell’innovazione delle isole minori sono sanciti in un Accordo di sviluppo sottoscritto dall’allora presidente del Consiglio Giuliano Amato, dai Presidenti delle Regioni Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana e dal Presidente dell’Ancim.

Fin dalla nascita dell’Associazione la richiesta di costituire un fondo unico per le isole minori ha costituito il presupposto cardine per una vera programmazione integrata, convinti che fondi di settore e bandi di settore siano la negazione di una virtuosa programmazione pluriennale integrata.

Il federalismo fiscale ha attribuito la possibilità di istituire una “tassa di soggiorno” che i nostri operatori e noi stessi consideriamo penalizzante per il turismo, perché è reiterata per tutto il tempo del soggiorno e quindi particolarmente gravosa per quelle famiglie non adeguatamente floride ed in definitiva disincentivante in un settore importante per lo sviluppo di tutte le isole minori.

Da mesi si è proposto, in alternativa, di istituire una tassa di sbarco o di accesso, tassa che, essendo modesta (un euro) e da pagare solo al momento dell’ingresso da parte di tutti, sarebbe più lieve perché più distribuita ed in definitiva più equa.

Questa richiesta che, in qualche particolare caso, porterebbe quasi all’autosufficienza finanziaria, non si è ancora riusciti ad ottenere.

[Elbanews]

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